Per arrivare
a Pogradec, al confine con la Macedonia, devi percorrere una strada ricca di
valli, colline, fiumi. La linea di demarcazione che segna uno dei limiti del
paese, ad est dell’Albania, è un’orgia di colori.
Foschia
grigia, cielo azzurro, acqua blu. Sole rosso, prati verdi, colli marroni.
Strade scure. Gli occhi si riempiono fino a riflettere ogni tonalità di quel
mosaico. Poi, la penisola di Lin. Un villaggio di pescatori, quieto e
silenzioso, che sembra dormire sereno tra due lembi di terra albanese.
Sul ciglio
delle strade, mullaret e kashtes, cumuli di erba che sembrano tante cupole
abbandonate. Sono le riserve di cibo per il bestiame, i pastori ne ricavano a
quantità per garantire sostentamento ai loro animali durante il rigido inverno.
Sulla riva
del lago, a Pogradec, ci sono famiglie, vecchi, contadine chine sui campi, con
grandi fazzoletti sul capo. Uomini seduti ai tavoli di bar malandati. Barche, o
loro carcasse, azzurre e arancioni, abbandonate sulla linea di pietre e sabbia,
coi remi arrugginiti che fuoriescono come braccia stese al sole.
Si sente il
penetrante e romantico odore di fumo di caminetti e castagne calde. Mani
callose accarezzano i prelibati frutti autunnali, muovendoli sulle fiamme
morbide delle carrette. I bambini corrono, piccoli cani al guinzaglio li
seguono fedeli.
Le madri
sorridono, i padri parlano e fumano. La strada continua lunga, seguendola si
arriva al confine con la Macedonia.
Le chiome
arancioni degli alberi in fila sembrano pezzi di sole adagiatisi sulla terra.
Puoi
camminare per cinque, sei chilometri e non avvertire la stanchezza. Poi, senza
accorgertene arrivi a Tushemisht. Tre, forse quattro strade che si intersecano
in una piazza piccola, dove sventola la bandiera albanese, e un gruppo di
donne, seduto sul bordo di una piccola fontana, mangia mele selvatiche.
Per arrivare
da loro devi superare, camminando su pontili in legno, dei piccoli canali di
acqua sorgiva. Ti siedi, parli in italiano.
Ti ritrovi a
condividere, insieme con questi grandi occhi e sguardi di una dolcezza
profondissima, la prelibatezza fresca di un frutto appena colto.
Il tempo
passa, te ne accorgi dalla traiettoria, in cielo, del sole. Sei di nuovo in viaggio. Destinazione Korca. Lungo la strada uomini sui campi, duro lavoro,
silenzi pieni di vento.
Korca, con
le sue celebrazioni ortodosse, durante le quali donne di ogni età si sdraiano
letteralmente al suolo in preghiera. Andando giù, nella parte suburbana, il
vecchio birrificio. Birra fresca, qofte, i superbi involtini di carne speziata,
verdura fresca.
Al tramonto,
il riposo sulle sedie di un caffè letterario, dove leggi versi di poeti
albanesi bevendo tè caldo o grappa artigianale. Foto antiche dei villaggi alle
pareti. Giovani studentesse universitarie con i loro vestiti migliori fumano,
lasciando segni di rossetto sulle loro sigarette sottili. Sguardi, sorrisi.
Poi, ancora
e sempre in viaggio, lungo le foreste della grande penisola balcanica. Sotto
una pioggia violenta, improvvisa, fulmini luminosi che squarciano il cielo
nero. Ma tu, grazie a Dio, hai preso la strada verso sud.