Due giorni fa, debilitato da una brutta malattia, è scomparso Francesco Stellacci per tutti Ciccio.
Mitico presidente galantuomo del Torrione Bitonto (società altrettanto leggendaria) l’imprenditore ha lasciato un ricordo indelebile nel cuore di ragazzi e allenatori che hanno avuto l’onore di lavorare con lui.
In queste ore, tanti fra allievi e amici hanno voluto donare il loro tassello al mosaico della memoria.
Primo fra tutti, il professor Tonino Sblendorio, che ha rimarcato come Stellacci sia stato “forse l’unico a rimetterci nel mondo del calcio”.
Poi, il più vincente Michele Moretti, l’inconsutile mister Piero Tullo, il bomber poeta Emanuele Saponieri e il difensore leale e magnanimo Salvatore Ercole. Tutti hanno sottolineato il tratto umano del presidente, figura d’altri tempi e d’altro calcio. E chissà quanti altri amici e discepoli avrebbero voluto farlo…
Noi lasciamo la parola a chi lo ha conosciuto di più e meglio, il giornalista Nicola Lavacca, archivio vivente del calcio butuntino, che un anno fa ne raccontò la storia, intervistandolo.
M. S.
Per gentile concessione dell’autore e de La Gazzetta del Mezzogiorno.
Oggi è sempre più raro trovare nel calcio un presidente come Francesco Stellacci. Un esempio di correttezza e longevità sportiva avendo guidato per oltre vent’anni, dal ’70 al ’90, il Torrione Bitonto. E’ stato un cammino lungo, faticoso, ma entusiasmante soprattutto perché il settore giovanile, fiore all’occhiello della società giallonera, ha sfornato decine e decine di ragazzi promettenti. Basti ricordare il difensore Vito Fiore passato alla Reggina, il centrocampista Massimo Pizzulli (oggi allenatore) con la Fidelis Andria in B, il centravanti Vincenzo Santoruvo bomber del Bari.
Per molti Francesco Stellacci è stato un presidente gentiluomo, animato da una genuina passione per l’arte pallonara, sempre misurato nei suoi comportamenti, capace da solo di gestire con oculatezza l’attività agonistica per così tanto tempo, magari rimettendoci anche un po’ di quattrini. Il suo è stato un atto di fede, senza mai pensare agli interessi personali, con l’unico vero obiettivo di educare i ragazzi non solo sul piano tecnico ma anche sociale.
“Posso dire con orgoglio di aver tolto molti giovani dalla strada – sottolinea con il suo inconfondibile accento settentrionale -. Il Torrione, che qualcuno a torto ha sempre considerato la seconda squadra di Bitonto, basava il suo programma sui sani valori dello sport. Io esigevo educazione, rispetto oltre ad un impegno massimale sul campo. Avevo una piccola industria per l’imbottigliamento di bibite che poi commercializzavo. Agli inizi degli anni Settanta subentrai all’allora presidente del Torrione, Girolamo De Vanna. Ero un grande appassionato di calcio. Cominciò così la mia avventura che mi ha regalato innumerevoli soddisfazioni, gioie. Abbiamo quasi sempre disputato il campionato di Prima categoria, ma il lavoro più intenso è stato svolto a livello giovanile. Ogni anno gravitavano oltre cento ragazzi nella nostra società, dai pulcini agli juniores. Non finirò mai di ringraziare tutti per lo spirito di dedizione, in particolare i dirigenti e i tecnici che mi hanno affiancato in quegli anni”.
Un presidente per vocazione che non lesinava energie pur di mandare avanti la sua “missione”.
A volte, tra l’imbottigliamento e la consegna della merce, trovava il tempo per arrivare con il suo mitico furgoncino al campo comunale in modo da seguire gli allenamenti e scambiare pareri con il tecnico di turno. Indimenticabile la promozione in Prima categoria: “All’ultima giornata d’andata, a Natale, eravamo in zona retrocessione. Vincemmo sul campo della capolista Fidens Bisceglie. Quel giorno in panchina c’ero io a dare indicazioni alla squadra. Da allora infilammo una serie stupenda di 16 successi consecutivi”.
L’ombra dell’Us Bitonto, società comunque più titolata, a volte sembrava ingombrante. “Ho sempre avuto massimo rispetto per il Bitonto. Tra l’altro, molti dei nostri giovani hanno poi indossato la casacca neroverde. Però, ad un certo punto mi venne l’idea, l’ambizione di poterlo superare. Fu quando loro retrocessero dalla Promozione. Due storici derby nel campionato ’81-’82: pareggiammo il primo, perdemmo 1-0 il secondo. Non ho rimpianti, magari qualche rammarico sì. Ho contato sulle mie sole forze, non ho mai avuto alcun aiuto, sostegno né dal Comune né tanto meno dalla città. Nel ’90 lasciai per motivi familiari”.
Francesco Stellacci ha ricevuto anche la medaglia d’oro dalla Figc per i vent’anni di presidenza. I suoi ricordi sono un tratto della storia calcistica cittadina. E’ un 81enne che vive dignitosamente, anche se non riesce più a muoversi in completa autonomia. L’emozione che traspare dal suo racconto è palpabile: “Quando incontro qualcuno dei ragazzi che hanno giocato nel Torrione ancora mi ringraziano. Certo, non posso celare l’amarezza per essere stato un po’ dimenticato dopo tutto quello che ho fatto per il calcio e lo sport bitontino”.