Mettendo da parte le polemiche politiche di questi
ultimi giorni, in cui emergerebbe un mal senso di coscienza dei nostri ex
amministratori, la “notizia” da prima pagina è che la nostra città, ancora una
volta, dimostra due facce.
Due volti.
Una fotografia da un lato bianca, bianchissima,
limpida, fatta di eccellenze ed orgoglio, e dall’altro scura, scurissima, in
cui le pistole fanno da corollario ad ingredienti a noi tipici come omertà e
delinquenza.
Dunque, eccellenza da un lato e delinquenza dall’altro.
Che corrono due strade parallele. E che, mai come adesso, si sviluppano nello
stesso periodo.
L’eccellenza viene dai nostri concittadini che fanno
collezione di cariche. Davvero prestigiose. Medicina, giornalismo, Università:
tutti settori strategici e basilari per un paese, come l’Italia, che deve
puntare su crescita, giovani, ricerca e cultura.
Si inizia con Antonio
Moschetta, ricercatore all’Istituto
“Mario Negri Sud” di Chieti, che due mesi fa è diventato il direttore
scientifico dell’Oncologico di Bari, celebre istituto perché rientra nella lista di centri di
eccellenza all’avanguardia nelle ricerche per la cura di tumori e
neoplasie. Il nostro concittadino non è stato nominato dall’alto (come magari avvenuto per altri bitontini,
sempre nell’ambito della sanità), ma ha vinto un apposito concorso nazionale
indetto dal ministero della Salute.
Si continua con Valentino
Losito, per anni vice caporedattore della “Gazzetta del Mezzogiorno”, da poco più di un mese presidente
dell’Ordine dei giornalisti di Puglia. Anche qui nessuna nomina: il
giornalista nostrano è stato eletto direttamente dal consiglio regionale
dell’Ordine, e ha già messo mano al sito internet dello stesso e ha già
dichiarato di voler puntare sul master in Giornalismo.
Il prestigioso elenco
raccoglie anche Antonio Uricchio, da giovedì neo Rettore dell’ateneo
barese. Bitontinissimo anche lui, anche se poche testate lo hanno
ricordato, Uricchio non ha bisogno di presentazioni, perché il curriculum è meglio della carta
d’identità. Pubblicazioni, incarichi, docenza, presidenza di dipartimenti
parlano per lui. È stato scelto e votato da professori e studenti.
E mentre l’eccellenza
bitontina si prende l’eccellenza regionale, in città si torna a fare quello che
si sa fare meglio: usare le armi come calcolatrici. Come accade
puntualmente ogni estate da quattro anni a questa parte. La guerra di mala
ha acceso i fuochi (purtroppo non d’artificio) il 18 giugno, in via
Pertini; li ha riesplosi il 28 giugno, in via Ammiraglio Vacca, dove da
poco è tornato ad abitare un noto “mammasantissima” dopo un (ovviamente breve)
periodo passato dietro le sbarre. Li ha scatenati martedì scorso. In pieno
centro. Colpendo al cuore la città e parte della sua produttività, perché quel
proiettile conficcato nella vetrina dell’ottica “D’Attoma”, che ha fatto il
giro del web, altro non è che questo. E in tutto ciò c’è un’altra presunta
doppia faccia della stessa medaglia: da un lato c’è chi condanna sui social
network, condivide i resoconti dei quotidiani online magari commentando
anche disgustatamente, ed offende la nostra città. Ma poi, dal vivo, spesso è
silente. Dall’altro c’è chi scappa non quando si spara, ma quando arrivano
le forze dell’ordine. Scappano come se volessero nascondere qualcosa.
Scappano per non voler parlare. Scappano per ribadire che l’omertà è la miglior
alleata della delinquenza. Anzi, omertà è delinquenza. Questi e quelli, dunque,
omertosi e malavitosi, pari sono. Hanno soltanto sfaccettature
di complicità diverse. E che speranza può avere Bitonto se i
buoni non fanno niente?
Eccellenza e delinquenza. Due facce di una
città destinata a soffrire.