Siamo lontani dai tempi narrati da Giovanni Verga, quando Mazzarò voleva
possedere tanta roba, tanto terreno e per fare ciò lavorava giorno e notte
senza sosta nutrendosi di poco per guadagnare e comprare costantemente della
terra, che poi faceva coltivare e con il nuovo guadagno ne comprava altra.
Siamo lontani dagli uomini senza requie, assillati
dalla paura dell’inganno, della frode, del furto.
Perché qui, a Bitonto – che, a quanto pare si rivela peggio
dei paesi che definiamo per errata abitudine “mafiosi” –, la situazione
peggiora. E la colpa non è di chi ci dovrebbe tutelare, ma nostra.
Perché qui, a Bitonto, non vogliamo nemmeno più tutelare la
nostra “roba”.
Ma veniamo ai fatti.
Non siamo più tra le pagine delle Novelle Rusticane ma in via Cela,
precisamente il località Pozzo “La corte”. Un uomo delle guardie campestri, in
divisa e a bordo del suo mezzo, s’accorge di un furto nel fondo. S’avvicina. Cinque donne e un ragazzo appena quindicenne con dei cesti al collo stavano trafugando
il frutto di un anno di lavoro, cura, attenzione, del campo. Il raccolto – di circa
4 quintali – era stato posizionato all’interno di due motocarri Ape, uno giallo
e uno azzurro. Due donne salgono a bordo del mezzo azzurro e scappano, i
restanti in quello giallo: il vigilante li raggiunge, prova a fermare il mezzo,
ma viene maltrattato e minacciato di morte. Scappano.
Nel frattempo arrivano gli uomini (tra cui un sorvegliato
speciale), compagni e coniugi delle signore, che aggiungono terrore, spintoni,
frasi minatorie all’uomo: “Hai finito di
campare”.
Arriva la Polizia a fermare e scongiurare il peggio:
recupera la refurtiva e porta in Commissariato gli uomini.
Dopo poco arriva il proprietario del fondo in compagnia di
un legale dicendo che aveva autorizzato alle 13.30 le donne e il ragazzo a
raccogliere le olive nel suo fondo. In mezz’ora quasi quattro quintali: autentiche forze della natura che, inspiegabilmente a questo punto, scappavano alla vista dell’agente.
Ma non è finita qui. Perché gli “operai” avevano “raccolto”
anche le olive dei due fondi adiacenti e i proprietari, contattati
telefonicamente, non volevano denunciare assolutamente nulla.
Che idea abbiamo di
giustizia? È possibile che paura e terrore, facciano passare da derubati e vittime, a collusi e carnefici denunciati
per favoreggiamento?
È possibile che non si voglia più tutelare la propria
proprietà privata, che non si voglia tutelare il proprio patrimonio, che non si
voglia cercare un modo per fronteggiare un piccolo gruppo di malviventi che soggiogano
la cittadinanza “per bene”? E mi chiedo, a questo punto, ci meritiamo davvero
di essere definiti tali?
Dopo questo episodio, la verità è che molti (troppi?) sono schierati dalla
parte dei delinquenti.
E allora perché continuiamo a chiedere la presenza delle Forze
dell’Ordine, più uomini, più controlli, più posti di blocco, più presidi, se poi ci accorgiamo che non basterebbero tutti gli uomini armati d’Italia per sradicare
un’idea sbagliata di legalità?
Una legalità che viene predicata, ad ogni livello, e
raramente viene praticata.
Un encomio. Un encomio, un grande encomio,
dovrebbe andare alla guardia campestre. Un vero eroe che, solo, ha affrontato una
situazione di difficoltà, mettendo a repentaglio la sua vita: strattonato,
insultato, minacciato, eppure fermo e perseverante nel proprio intento, nel
proprio lavoro.
Dovremmo, sinceramente, essere tutti come lui.