Le elezioni europee si avvicinano.
Il 25 maggio prossimo gli italiani saranno
chiamati a votare per eleggere i propri rappresentanti al Parlamento Europeo.
In
vista di questo appuntamento le liste civiche “Città Democratica”, “Laboratorio”, “Giovani per Michele Abbaticchio”, “Progetto Comune” e “Per un cambio generale vero” hanno organizzato
una serie di incontri per stimolare il dibattito e per spiegare l’importanza
del voto.
“Sono tante le opportunità che l’Europa
offre, anche in un momento come quello odierno, in cui parlare di Unione
Europea è fuori moda, in cui essa è vista come un Moloch burocratico, ma molte
cose che vediamo in giro per la città sono finanziate da essa, come la seconda
stazione e la nuova piazza Cavour” ha spiegato Piero Ricci, giornalista di Repubblica,
moderatore del primo incontro, tenutosi ieri a Palazzo Gentile.
Intervenuto a difesa dell’UE Ennio Triggiani, docente di Diritto dell’Unione
Europea della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bari: “E’ fondamentale che si vada al voto
consapevolmente. Abbiamo sempre sottovalutato la centralità del Parlamento Europeo
e l’importanza di far parte di un’Europa unita. Un’Europa in cui possiamo
viaggiare liberamente tra gli Stati membri, e in cui possiamo godere della protezione
di una qualsiasi ambasciata, anche non italiana. Quando sento parlare di
ritorno alla stati nazione o a piccoli stati regionali, mi chiedo che senso
abbiano tali discorsi. Come ci relazioniamo al mondo attuale e con le sue sfide
sempre più globali, come la prevenzione dell’inquinamento, la lotta al crimine
organizzato, al terrorismo, la gestione dell’immigrazione. Non ha più senso la
logica del “piccolo e bello”. Stiamo dimenticando la lezione offerta dalla
storia, dalle guerre, dai disastri compiuti dagli stati nazione. Quella lezione
che spinse Altiero Spinelli a scrivere il Manifesto di Ventotene, in cui
esprimeva la sua consapevolezza di tutto ciò. Si rese conto che gli stati
nazione non erano più adatti ad un mondo sempre più orientato al globale e si
volle dire basta alle guerre che avevano insanguinato e distrutto l’Europa. L’intuizione
fu giusta, perché da settanta anni sono impensabili guerre tra Paesi membri. A
seguito dell’indipendenza del Kosovo, nonostante la sua contrarietà, la Serbia, notoriamente non
molto pacifica, non ha sparato un colpo, sapendo che ciò avrebbe significato la
fine del suo sogno di entrare nell’Europa unita. Dunque, attenzione ad invocare
l’uscita dall’Unione Europea. Si rischia di uscire fuori dalla pace”.
E sulla moneta unica: “Per la prima volta
abbiamo avuto una moneta forte, che esula dai contini degli stati, che ci
consente di viaggiare tra i Paesi aderenti, senza effettuare cambi. L’errore è
stato non adottare politiche omogenee. In questo contesto gli Stati più forti
come la Germania la fanno da padrone”.
Le criticità, quindi, esistono per il docente, “ma questo non deve spingerci a
rinnegare tutto. Anche perché quando critichiamo l’UE, dimentichiamo che spesso
l’Italia non ha fatto quel che doveva, lasciando lo spazio ad altri stati che
hanno approfittato dei vantaggi offerti”.
Soluzione dei problemi europei, per Triggiani, è proseguire nell’integrazione: “Essa è stata fatta a metà. Bisogna creare un’unione
politica e non bisogna credere ai populisti, che raccattano voti in modo
vergognoso, dicendo solo quel che la gente vuol sentirsi dire, spesso senza
neanche crederci. Pensano solo ai voti da accumulare, e non al futuro del paese”.
Tra i relatori anche Gaetano Prudente, direttore generale dell’Università di
Bari, che ha illustrato tutte le criticità del sistema universitario europeo, italiano
ed in particolare del Meridione: “Criticità
legate ad una crisi prima di tutto culturale che porta a vedere l’università
solo come una spesa. Come può crescere un Paese che consideri inutile l’università
e la ricerca? Eccellenze tra studenti e docenti ne abbiamo molte noi al Sud, ma
i fondi sono sempre calibrati più al Nord. Ma non dobbiamo andare via, per non
darla vinta a chi vuole affossare le università del Sud”.