La prontezza con cui il Direttore Generale dell’Asl di Bari, Domenico Colasanto, ha smentito il pezzo del Corriere del Mezzogiorno ed il nostro, circa la storia della signora che ha dovuto comprare in farmacia il cotone emostatico per far curare una ferita al labbro della suocera al Punto di Primo Intervento dell’ex ospedale di Bitonto, sprovvisto di questo materiale, è sorprendente.
Sorprendente sia per i tempi celeri, immediati.
Sia per gli argomenti ed il buon senso (?) utilizzati.
Perché, caro dottor Colasanto, Lei smentisce noi e la nuora della paziente, invitandoci “a verificare
la più che adeguata
disponibilità di cotone emostatico al PPI”.
Bene. Il buon senso non Le manca affatto, vista la Sua illustre carriera. Indossi, però, per una volta i panni del cittadino e non del dirigente medico, dimostrando di conoscere e saper vivere la città, la “Sua” città di cui è anche stato vicesindaco qualche anno fa.
Ma, secondo lei, è mai possibile che una donna, completamente ignorante in materia medica, decida di punto in bianco, così all’improvviso, di lasciare sua suocera all’interno della sala del Punto di Primo Intervento, e correre con la sua auto alla farmacia di turno, di sabato, per acquistare alla modica cifra di 5 euro e 30 centesimi il cotone emostatico?
Onestamente, Le pare possibile si possa prendere un’iniziativa del genere, se non dietro suggerimento di qualche “esperto” in materia?
Senza fare un processo alle intenzioni, Le posso garantire con assoluta certezza che la signora non sapeva, prima di sabato, cosa fosse il cotone emostatico.
Per questo motivo, quando Lei è libero da impegni vari, si faccia un giro fra le massaie che solitamente affollano i negozi della nostra città e chieda loro se sanno cosa sia il cotone emostatico.
Nel 90% dei casi, e Le deve andare bene, riceverà un no, un “ce n sacc” o un “bohhh”.
Bisognava riflettere, invece, non sulle mancanze degli operatori, che anzi per più di un’ora – anche senza cotone emostatico – si sono prodigati per assistere con grande cura l’anziana signora, che ha ringraziato a sua volta medici e infermieri per l’ottimo servizio, ma sulle mancanze che ci sono all’interno della struttura di Bitonto.
Mancanze che lo rendono alle volte (forse la maggior parte) poco utile alla collettività, e non certo per responsabilità di chi ci lavora e si sbatte dalla mattina alla sera per mantenere un adeguato livello di prestazioni.
Tralasciando le Sue dettagliate lezioni di medicina, di cui La ringraziamo a prescindere perché accrescono il nostro sapere (“il cotone emostatico, peraltro presidio terapeutico superato, trova ancora indicazione nelle emorragie del naso per eseguire il relativo tamponamento nasale; non trova indicazioni in lesioni cutanee, come quella del caso della signora”), voglio soffermarmi su ciò che, secondo me, è davvero più grave, facendoLe solo qualche domanda.
Se un Punto di Primo Intervento “non può essere immaginato come il luogo dove effettuare medicazioni”, anche di sabato quando i medici di Medicina Generale solitamente non lavorano, mi spiega che cosa deve fare un punto di primo intervento?
Ammesso che, fortunatamente, non sempre a Bitonto si recano persone ferite da colpi di arma da fuoco (a tal proposito, ha redarguito con la stessa solerzia con la quale ha replicato all’articolo dell’altro giorno chi ha avvisato polizia e carabinieri con due ore di ritardo dopo l’arrivo di una persona gambizzata la scorsa settimana?), che senso ha mantenere aperto un punto di primo intervento senza che questo possa effettuare delle medicazioni urgenti?
In pratica, senza che questo possa e debba garantire un primo intervento?
Ormai, visto che di ospedale, a Bitonto, non c’è più niente, a che serve tenere così un Punto di Primo Intervento locale?
Credo che il primo intervento da fare per i paziente bitontini, quando succede qualcosa che per qualsivoglia ragione non può essere curata dal medico di base, è toccare ferro o altro, pregando che non ci sia traffico sulla strada che porta a Bari…