Franco e
variegato dibattito, ieri sera, sul palco della Festa del Partito democratico, in piazza Pazienza.
Argomento
della serata: l’imprescindibile intreccio fra urbanistica e cultura.
Era ora
che se ne parlasse e massime che a farlo fossero dei tecnici, spesso nell’ombra.
A moderare
il civile (ma non leggero) confronto l’ingegnere Emanuele Pagone, già stato assessore, che con
abilità ha cucito fra loro gli interventi, rilanciando sempre in maniera
puntuale gli spunti che di volta in volta emergevano.
E tanti sono stati gli elementi
interessanti che andrebbero analizzati ulteriormente.
Il sindaco Michele
Abbaticchio ha annunciato che s’è conclusa la concertazione con le aziende interessate per la ridefinizione del piano di trasporto pubblico, dopo la sperimentazione
estiva.
Ancora. Insieme alla nascita dell’orto urbano, ha promesso una rilettura del
park&ride, l’avvio della ztl elettronica (zona a traffico limitato) per il
centro storico e l’inserimento della Lama Balice nella programmazione dei nuovi
Fondi comunitari.
Insomma, tante buone nuove per la città, nella speranza che
siano davvero buone.
En passant, Pagone ha sottolineato vantaggi (non molti) e
svantaggi (troppi) della vicinanza nostra al capoluogo barese ed il fantasma odioso della speculazione edilizia.
Di seguito, l’ingegnere
Raffaele Cuoccio, elencando con precisione tutte le particolarità urbanistiche
del territorio bitontino, ha rimarcato “la stretta connessione che unisce la
pianificazione del territorio al mondo del lavoro“.
Dura, poi, la denuncia dell’ingegnere
Francesco Minenna, presidente della categoria cittadina: “Siamo degli abusivi
nati e, spesso, noi bitontini operiamo senza conoscere le leggi o, peggio,
violandole. Basti vedere come tra gli anni Cinquanta e Sessanta abbiamo
sventrato la parte Ottocentesca della città. L’evoluzione urbanistica di
Bitonto ha subito l’attacco delle lobby”.
Per l’architetto Giuseppe Cannito “la
pianificazione urbanistica dev’essere frutto di una coscienza collettiva, perché
bisogna capire quale ruolo deve avere nel futuro la città? Bitonto ha già
vocazioni, caratteristiche e peculiarità proprie, urge fermare la cultura della
prevaricazione affinché si affermino liberamente”.
Il geometra Franco Brancale, rappresentante dei suoi colleghi, s’è chiesto “per quale motivo via Palombaio non viene più presa in
considerazione come zona di espansione, che, fra l’altro, ricadrebbe proprio
nel nostro territorio”.
Lectio magistralis dell’ex sindaco Nicola Pice, che ha
rivendicato “il ruolo imprescindibile della cultura in una città che voglia
fondare la propria identità nella consapevolezza che l’urbs sia specchio di una
civitas. E la politica ha il dovere di pensare l’impensato in lontananza, anche
se avere la vista lunga non dovesse produrre risultati nell’immediato”.
“Il valore
economico deve scaturire dal valore culturale, che viene sempre prima”, ha
proseguito il prof, che ha lanciato l’allarme per tutte le chiese del centro
storico che rischiamo di crollare.
E lungo è l’elenco dei gioielli moribondi: San
Giovanni, San Paolo, San Silvestro, San Pietro in vinculis, Sant’Andrea…
Sulla falsariga
di Pice non poteva non inserirsi per l’intervento conclusivo l’assessore regionale Angela Barbanente: “Dobbiamo riflettere
sul passato per guardare al futuro e non dobbiamo seguire più modelli esogeni.
Abbiamo avuto crescita e non sviluppo, creando luoghi omologati che non
raccontano niente. Abbiamo perso molto nei decenni, soprattutto l’intreccio fra
persone e pietre, con la conseguente, dolorosa frattura con ambiente, storia e
cultura”.
Giusta l’esortazione finale: “Ho sentito parlare di adeguamento del PUTT, stasera, bene, che si
faccia in tempi brevi, anche perché con l’approvazione imminente del Piano
Paesaggistico territoriale regionale tutto sarà più semplice e concreto. Questo
ci consentirà di mettere insieme diverse visioni e superare le divisioni”.
E mentre
prendiamo appunti sul cell, il maledetto T9 ci tira un brutto scherzo.
Digitando “visioni” – certo per nostra endemica, fallace frettolosità – sul display si
visualizza la parola “business”.
Solo un refuso?