Parlando
di giornalismo, Giovanni Arpino, grande scrittore tutto stile e
stiletto, fra le iene e le belle gioie, preferiva i bracconieri di storie.
Nicola Lavacca, insigne nostro collega, appartiene a quest’ultima eccelsa
categoria.
Ieri, che ricorreva un anno dalla folle strage di
Brindisi, l’infaticabile cronista ha raccontato il ricordo di Selena, l’amica
della piccola Melissa Bassi, che quel mattino perse la vita.
Per gentile concessione del sito www.famigliacristiana.it,
pubblichiamo il commovente articolo.
“Quel giorno io e Melissa non saremmo
volute andare a scuola ma avevamo il compito di educazione fisica ed era
importante esserci. Quando siamo arrivate a Brindisi ho notato il
cassonetto blu per la raccolta della carta che solitamente non
era posizionato davanti alla scuola.
Siamo salite sul marciapiede: Melissa era al centro, io
alla sua sinistra, Azzurra a destra. Parlavamo delle vacanze, saremmo volute
andare al mare tutte e tre insieme per la prima volta. Dopo aver percorso
alcuni metri all’improvviso è esplosa la bomba.
Ho sentito un fischio assordante, ho visto un’intesa
luce arancione e sono rimasta stordita dopo aver preso una forte botta alle
spalle che mi ha scaraventato a terra.
Ho provato a rialzami due, tre volte, le gambe
mi tremavano. Ho visto Melissa alla mia destra: aveva il capo
riverso sull’asfalto. Azzurra, invece, era più avanti, inginocchiata con lo
sguardo perduto nel vuoto”.
Gli occhi neri e vispi di Selena emanano una luce
intensa e particolare. Nel rievocare quegli attimi di terrore, in quel
velo di profondo dolore per la perdita della sua cara amica Melissa,
s’intravedono anche coraggio e speranza. I giorni del tormento e della
sofferenza sembrano interminabili.
Eppure, la giovane diciassettenne di Mesagne che si è salvata
miracolosamente, insieme ad altre sette studentesse e uno studente,
nell’attentato all’Istituto Professionale “Morvillo-Falcone” di
Brindisi, ha ritrovato dentro di sé una incredibile forza d’animo dopo aver
attraversato il buio.
Quel tragico mattino del 19 maggio di un anno fa sembra non sia mai passato. Le
ferite, non solo quelle fisiche, sono ancora troppo laceranti e fanno male.
Giovani vite sconvolte, segnate forse per sempre.
L’esplosione devastante di un ordigno rudimentale,
nascosto davanti alla scuola, azionato dalla mano omicida di Giovanni
Vantaggiato, reo confesso, seminò terrore e sgomento colpendo vittime
innocenti. Selena Greco si trovava lì, come sempre, per entrare in classe
insieme all’amica del cuore e di banco, Melissa Bassi che poi avrebbe perso la
vita.
A lei ha dedicato un libro scritto in pochi
mesi dal titolo emblematico ‘I giorni dopo il tramonto’,
il cui ricavato dalle vendite sarà devoluto in beneficienza. E’ un
diario intriso di sentimenti, di ansie, paure, incertezze, sensazioni in cui
accanto ai ricordi più belli affiorano i momenti terribili della strage e di tutto
quello che ha portato via con sé.
“Melissa per me non era solo un’amica ma anche un punto
di riferimento – dice Selena che porta ancora i segni delle ustioni -. Avevamo
fatto insieme la Prima comunione nella chiesa di San Pio, poi c’eravamo perse
di vista. Ci siamo ritrovate quando abbiamo cominciato a frequentare l’Istituto
professionale, scegliendo il corso in servizi socio-sanitari.
Sin dal primo anno siamo state sedute nello
stesso banco, cosa che ha contribuito a cementare la nostra amicizia, anche
fuori dalla scuola. Condividevamo tutto, i nostri segreti, le nostre storie, la
quotidianità di adolescenti.
Lei era una ragazza semplicemente stupenda, aveva una visione positiva
della vita. Sorridente, affabile, simpatica, altruista. Era sempre disponibile
a darmi dei consigli. Tra noi c’era anche una sana rivalità per prendere i voti
più alti. Facevamo a gara, rispettandoci a vicenda. Eravamo le prime
della classe.
La psicologia era la materia che ci piaceva di più. Non
a caso, una volta terminate le superiori, pensavamo di iscriverci
all’università e frequentare il corso di laurea in psicologia infantile, per
stare un domani con i bambini, per aiutarli. Invece, il nostro sogno non potrà
purtroppo realizzarsi”.
Il libro di Selena è una testimonianza forte,
costellata da un racconto lucido, preciso e da riflessioni ricche di
significato. “E’ attraverso i ricordi che una persona a te cara diventa
indimenticabile – sottolinea Selena -. Quand’ero ricoverata in ospedale, nel
reparto di chirurgia plastica, la psicologa che mi assisteva, la dottoressa
Maria Rita Greco, aveva notato che ricordavo tutto nei minimi particolari di
quella drammatica giornata. Mi diceva: prova a scrivere i tuoi pensieri. Così,
è nata l’idea del libro.
Il titolo l’ho scelto dopo aver concluso l’ultimo
capitolo. Le sofferenze fisiche e psicologiche non possono essere cancellate,
ma ho voluto dare anche un messaggio di speranza a quelle persone che subiscono
violenza, che hanno la vita segnata. Perché si può ricominciare, anche se non è
facile specie quando vivi un’esperienza terrificante, sconvolgente e ti viene a
mancare l’amica più cara. Per questo dopo il tramonto c’è la speranza di poter
rivedere il sole, la luce in fondo al tunnel”.
Selena, che indossa una collanina dove è inciso
il nome di Melissa, ricorda tutte le sequenze di quel tragico sabato di un
anno fa. Erano partite in pullman da Mesagne, con loro c’erano anche Azzurra
Camarda, le sorelle Veronica e Vanessa Capodieci, Sabrina Ribezzi e Aurora
Radeglia rimaste ferite nell’attentato. Attimi tremendi, concitati in cui si
stava consumando il dramma degli innocenti. Selena rivive gli angoscianti
momenti seguiti all’esplosione:
“Dopo lo scoppio pensavo si trattasse di un incidente
stradale. Ho iniziato lentamente a vedere, mi sono strofinata gli occhi. Poi
sono entrata a scuola e davanti all’ingresso ho visto anche Veronica e Vanessa
Capodieci ferite. Ero avvolta dalle fiamme. I jeans erano bruciati, mi sono
tolta la camicetta che stava prendendo fuoco. Le ustioni mi davano un
dolore tremendo. La prima reazione è stata di guardarmi intorno,
gridavo a Melissa e Azzurra di aiutarmi perché pensavo di essere stata ferita
solo io. Ma anche loro erano tutte nere. Nessuno mi riconosceva, ho detto alle
professoresse di soccorrere Melissa e Azzurra. Colava sangue dietro al
mio orecchio. Ho chiamato la mamma, le ho detto di correre che era
successo qualcosa di grave”.
Poi, la corsa contro il tempo verso l’ospedale. “Sono
salita sull’ambulanza, stavo con Melissa. Io riuscivo ancora a reggermi in
piedi. Melissa era sofferente, urlava. Mi ha guardato, le ho poggiato la mano
sulla spalla e le ho detto di stare tranquilla, che ci avrebbero aiutate. Lei
si è girata, e non mi ha parlato più. Avevo ustioni di secondo grado alla
spalla, alla pancia, alle mani, alla gamba destra laterale e alla coscia
sinistra mentre le ustioni di terzo grado avevano interessato il viso, il collo
e la caviglia. E’ stato un calvario, anche se l’amore e l’affetto
dei miei genitori mi hanno aiutato molto. Una scheggia della bomba si è
conficcata dietro l’orecchio; mi è rimasta la cicatrice”.
Mentre Selena ci racconta le sue emozioni arriva in
casa Azzurra Camarda, anch’essa ferita, che tra qualche mese
compirà 18 anni. “Quando è esplosa la bomba sono finita a terra – sottolinea
Azzurra -. Credevo di essere caduta da uno scooter, ho pensato che fosse un
sogno. Di quello che è successo dopo non ricordo più nulla.
Sono stata ricoverata nel Centro Ustioni, mi hanno
operata più volte. Per molti giorni comunicavo con mio madre che era dietro una
vetrata della mia stanza attraverso un microfono. Le chiedevo in
continuazione notizie sulle mie amiche Melissa e Selena. Ho riportato
ustioni di secondo e terzo grado sul 49 per cento del corpo. Sono ancora
scioccata e terrorizzata”.
Ragazze piene di vita, che hanno subito lesioni
gravissime, anche sotto il profilo psicologico. Come Veronica Capodieci,
la più grave di tutte, strappata letteralmente alla morte dopo essere stata
sottoposta a innumerevoli interventi chirurgici a Pisa. Senza dimenticare Anna
Canoci di Tuturano che ha perso quasi completamente l’udito, Sabrina
Ribezzi e Aurora Radeglia che convivono con incubi e paure.
Tra i feriti Alessandra Gigliola e Andrea Calò di
Brindisi.
La morte di Melissa Bassi ha lasciato un vuoto
incolmabile. Selena torna con la mente a quelle giornate di sofferenza: “Nel
mio letto d’ospedale mi chiedevo dove fosse Melissa, anche se avevo intuito che
le sue condizioni erano disperate. Seppi della sua morte dopo una settimana.
Provai un’immensa tristezza e scoppiai a piangere.
Ripenso spesso all’attentato:
non riesco a trovare una spiegazione logica di come la mente umana possa
arrivare a tanto, programmare un attentato davanti ad una scuola è assurdo e
inconcepibile. Credo nella giustizia, nella legalità. Sto
seguendo tutte le udienze del processo. Vorrei solo una condanna giusta per
quell’essere (Giovanni Vantaggiato, ndr), per ciò che ha fatto”.
Melissa, strappata alla vita nel fiore della
giovinezza, rivive nella memoria e nel cuore di Selena, di tanti altri amici,
di quanti l’hanno voluta bene. E il libro lascia una traccia indelebile della
sua esistenza. “Lei è un esempio per tutti noi, per tanti giovani – afferma
Selena con un pizzico di emozione -. Melissa è sempre nel mio cuore, me la
sento vicina come se non fosse mai andata via. Non voglio pensare che
non ci sia più. Quando sto con i suoi genitori, Rita e Massimo, che vado a
trovare spesso mi sembra di rivederla. Nel libro ho citato spesso le sue frasi.
Ne ricordo una in particolare quando diceva: “la felicità va ricercata prima in
se stessi. Bisogna avere il coraggio di guardare in faccia la realtà, bisogna
andare avanti, aiutando quelli che ci stanno accanto, coloro che sono in
difficoltà. Così possiamo pensare al nostro bene”.