Il 21 gennaio scorso mani ignote incendiarono un’auto parcheggiata nei pressi di palazzo Vulpano, danneggiandone la facciata. Fu un brutto colpo al patrimonio storico artistico bitontino.
A poco meno di due mesi dall’accaduto, nell’ambito dell’open day organizzato ieri nel palazzo dalla Cooperativa Re Artù, per discutere su come proteggere e valorizzare il patrimonio cittadino, si sono incontrati Nuccia Barbone, direttrice della Galleria Nazionale Devanna, Nicola Pice, presidente del Centro Ricerche di Storia e Arte Bitonto, Valentino Losito, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Puglia, Silvio Custode Fioriello, dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, e Domenico Schiraldi, redattore di “Primo Piano”. A moderare, Mario Sicolo, direttore del “Da Bitonto”.
Ad aprire il dibattito è stata Nuccia Barbone che ha posto l’attenzione sull’importanza di proteggere e preservare la cultura e la bellezza del nostro patrimonio storico, i «gioielli della nostra città».
Mario Sicolo, invece, ha ricordato il ruolo importante e la lungimiranza dell’ex sindaco Pice nella rivalutazione del centro storico.
«Dobbiamo assumere la consapevolezza che un museo, un palazzo storico, un bene pubblico, è nostro, non dello stato. Dobbiamo essere cittadini responsabili che sanno di avere l’obbligo di tutelare quel bene» aggiunge Pice, illustrando quelli che, per lui, sono i limiti della fruizione del nostro matrimonio e della rete museale italiana: «Stato e privati devono sopperire l’uno l’azione dell’altro. Da soli non possono far tutto. Inoltre un museo non può essere una semplice collezione di oggetti, ma deve saper trasmettere la storia che quegli oggetti rappresentano, anche attraverso l’uso di adeguate tecnologie. Il patrimonio storico artistico, con tutte le opportunità che offre, è uno degli strumenti a nostra disposizione per ridurre le disuguaglianze».
Dello stesso parere Silvio Custode Fioriello, che ha lamentato la frequente assenza di interattività dei musei italiani, che non permette di rendere quei saperi fruibili a tutti, anche a chi non possiede conoscenze specifiche: «Dobbiamo proteggere il patrimonio culturale dando una nuova vita e innovando. Solo se siamo consapevoli che il nostro patrimonio culturale rappresenta la nostra storia possiamo accettare l’idea di partecipare alla sua cura. L’arte non è mero insieme di oggetti, ma epidermide sanguigna dell’intero patrimonio culturale e, dunque, dobbiamo rendere quei beni inclusivi e non esclusivi».
«Non è solo una questione di mancanza di soldi – rileva Custode Fiorello, citando una nota della Commissione Franceschini, istituita cinquanta anni fa – Se già all’epoca si parlava dello stato di decadenza del patrimonio artistico italiano, il problema è politico».
«Mi piace immaginare quel rogo quella ferita alla bellezza, come un’occasione per guardare con occhi nuovi al nostro patrimonio – aggiunge Losito – Se oggi siamo qui a parlarne significa che nella nostra città anticorpi a quella che qualcuno chiamava “banalità del male” (Hannah Arendt, ndr) esistono ancora. Non dobbiamo né arrenderci, ne abbandonarci all’autoflagellazione, sport diffuso in Italia e nel Sud, perché per una cosa negativa, sono tante quelle positive. Nicola Pice, con tutte le luci ed ombre che caratterizzano ogni esperienza politica ha dato un forte contributo alla valorizzazione, come anche personaggi come Gianluca Rossiello con la sua libreria. Ma ora c’è bisogno di fare un passo in avanti».
Educazione e diffusione della consapevolezza dell’importanza del nostro patrimonio sono, per Losito, gli ingredienti per proteggerlo, perché «è la nostra Fiat, in grado di portare turisti e con essi soldi. Potremmo ribattezzare questo palazzo come “Vulpane”. Solo diffondendo questa consapevolezza possiamo impedire al bambino di oggi di diventare il piromane di domani».
A concludere l’evento è stato Domenico Schiraldi, che ha illustrato la storia della famiglia nobile dei Vulpano, estinta nel ‘600, dalle origini antiche: «Se il piromane avesse avuto quella consapevolezza forse non avrebbe appiccato il rogo. O forse l’avrebbe fatto ugualmente, ma almno ci avrebbe pensato due volte prima di farlo».