Per
capire di cosa parla l’ultimo libro di Gianni Spinelli (oddio, tra un
po’ sarà il penultimo, visto che ci sarebbe già un altro bello
pronto e in odore di stampa), oltre
che guardare il titolo – “Settanta volte donna” – basta
leggere la quarta di copertina: “La donna ha mille facce. Mille
storie. Mille cuori. Mille anime. Forse più. Forse meno. Diciamo che
una donna può racchiudere in sé settanta donne. O settanta donne
possono essere una donna sola”.
E
nel libro dell’ex vice caporedattore della Gazzetta del Mezzogiorno
(a presentarlo, l’altra sera, c’erano Marino Pagano, Mariella Vitucci
e Maria Bufano della Fidapa) si sviluppano 78 frammenti di vita.
Aliti di esistenza che si consumano nello spazio di due pagine
lasciando al lettore la fantasia di immaginare il finale.
C’è
Veronica, tradita dal marito perché non l’amava più e invaghitosi
di Wilma. C’è Virna, che fa emozionare tutti i compagni maschi di
classe suscitando le invidie delle colleghe, a cui aveva sottratto
l’osso.
C’è
Maria, la professoressa, che non amava né i maschi né le femmine.
E
tante altre storie comuni, per un’opera «che nasce – racconta
Spinelli – dopo che ho letto e sentito tante storie stupide
sulle donne. Storie lunghe su una sola donna, e io anche per questo
ho preferito raccontarne tante, di donne».
Raccontate
con i loro vizi e le loro virtù. Rigorosamente da un punto di vista
maschile, «anche perché – spiega l’editorialista di EPolis
Bari – uomo e donna non possono vivere separatamente perché si
completano a vicenda».
Senza
dimenticare che «le donne – prosegue – sono più forti
degli uomini, più sensibili, più romantiche, e dal potere immenso.
Basti pensare alla maternità e alla seduzione, con la quale spesso
illudono e abbandonano gli uomini. Dall’altro lato, però, le donne
sanno essere gelose, invidiose e in competizione tra loro».
Spinelli,
inoltre, invita a diffidare delle soap opera e delle telenovelas
(«danno un’immagine sbagliata di donna», e dice “no” al
calcio femminile, «perché il mondo del pallone non è adatto a
una donna in quanto antiestetico».
Ma
forse le donne piacciono anche per questo.
Anzi,
per dirla con Achille Campanile: le donne ci piacciono perché sono
meravigliose, o ci sembrano meravigliose perché ci piacciono?