Tokyo. La capitale del Giappone dal 1867. Da quando, dopo la fine dello
shogunato, il potere imperiale si trasferì da Kyoto all’antica Edo, precedente
nome della città.
Con i suoi circa 15 milioni di abitanti è la città più popolata in
Giappone e, dopo Pechino, nel mondo. Sebbene non sia, a dire il vero, una vera
e propria città, ma una grande area metropolitana nata nel ’43 dalla fusione
tra l’omonima città e i paesi rientranti nella prefettura di Tokyo.
La città, fondata nel 1457, laddove esisteva il piccolo villaggio
costiero di Edo, nel corso della storia si è ingrandita sempre più (è in
espansione ancora oggi) e ha subito diverse trasformazioni perdendo gran parte
del suo partimonio storico, a causa dei vari terremoti e dei bombardamenti
alleati nella seconda guerra mondiale.
Oggi si presenta come un affascinante mix tra antico, moderno e
ultramoderno, un luogo dove la storia si mescola al presente. Una città
dall’anima schizofrenica in grado di offrire diverse attrattive, diversi
aspetti: l’anima spirituale, storica, moderna e talvolta quasi futuristica.
Spesso, immaginiamo Tokyo come uno dei simboli della modernità, piena di
grattacieli e priva di storia. Ma non è così. Incastonate tra quei palazzi
altissimi le tracce dei secoli passati non mancano. Edifici novecenteschi in
stile occidentale. Castelli antichi, come il Palazzo Imperiale, dove tuttora
abita l’Imperatore.
Antichi templi buddisti, con le loro alte pagode a diversi
piani, le celebri lanterne in carta e, poste ai lati dei portali di accesso, le
statue dei demoniaci guardiani Nio che li proteggono dagli spiriti maligni
(funzione simile a quella delle nostre maschere apotropaiche, perchè, in fondo,
anche le più diverse culture hanno somiglianze). Il più importante e antico di
essi è il Senso-Ji, nel quartiere di Asakusa.
Altrettanto antichi santuari shintoisti che accolgono i fedeli e i
visitatori attraversi i Torii, portali di accesso a due colonne con funzione di
purificazione per chi entra nell’area sacra. Uno dei più importanti è il
santuario Yasukuni, dedicato ai soldati morti combattendo per l’Impero e al
centro di una diatriba internazionale tra Giappone, Cina e Corea del Sud.
Le aree verdi non mancano e, in primavera, si colorano grazie alla fioritura dei ciliegi. Tra le
più grandi possiamo citare il parco di Ueno, antico complesso di templi e luogo
di una storica battaglia tra shogunato Tokugawa e potere imperiale, o i
giardini del Palazzo Imperiale.
Esse si incastrano tra le strade trafficatissime e caotiche della
metropoli e tra i grattacieli.
L’antica arte del Teatro Kabuki, celebrata nel Kabuki-za, nel quartiere
di Ginza, la pittura tradizionale si associano alle arti grafiche più moderne.
Emerge da mille aspetti l’importanza della rappresentazione grafica, della
letteratura disegnata. Dai templi ornati dai tradizionali pannelli dipinti
(byobu), dalle insegne variopinte dei negozi nei quartieri moderni, dai buffi
spot trasmessi sui monitor nei treni, sulle insegne dei negozi, che ritraggono
di frequente animali dalle fattezze umane, presenti nell’iconografia buddista
(i templi sono pieni di statuette di animali antropomorfi) e, di conseguenza,
nelle varie espressioni artistiche.
O, ancora, dalle statue raffiguranti
personaggi di manga, anime, film, che ai nostri occhi appaiono come qualcosa di goliardico. Basti pensare all’enorme statua di Gundam nel
quartiere di Odaiba o al grande Godzilla, di recentissima costruzione, che
sporge la propria testa dal tetto del palazzo degli studi Toho.
Quello che
spesso ai nostri occhi appare come un prodotto per ragazzi, nella cultura
locale è molto di più, vera e propria letteratura, che riprende i tratti più
caratteristici della tradizione artistica, storica e religiosa.
Particolare in tal senso è il poco sobrio quartiere di Akihabara, la
zona dedicata alla tecnologia, agli anime, ai videogames, dove molte industrie
tecnologiche e videoludiche giapponesi, Sega in primis, posseggono immensi
palazzi in cui ragazzini, e non solo, trascorrono intere giornate. Gigantesche
insegne luminose, ritraenti personaggi di fumetti, cartoni e videogames,
colorano le pareti dei grattacieli.
Tornando alle diverse anime della città di Tokyo, si può notare come
anche la sacralità dei templi pieni di oro si unisce al frastuono notturno di
zone come Shibuya, Roppongi, Shinjuku, le zone della movida.
Ma l’anima
schizofrenica di Tokyo si osserva anche tra le persone, nei modi di vestire
(chi preferisce vestirsi all’occidentale e chi va in giro con il tradizionale
kimono colorato), nei comportamenti.
La mania per l’ordine che si nota nel
rispetto delle code in negozi, stazione della metro, nel silenzio nei treni,
nelle strade pulitissime si concilia con la caciara delle zone più frequentate
dai turisti, dei quartieri della movida, delle grandi zone mercatali, come il
Mercato Ameyoko, uno dei più grandi bazar dell’Asia, e il celebre mercato del
pesce di Tsukiji (meta obbligata per chi vuole assaporare l’anima culinaria del
Giappone) o, ancora, delle innumerevoli sale di Pachinko, diffusissimo gioco
d’azzardo.
La calma e il silenzio, che si respirano nei luoghi di culto, siano essi
buddisti o shintoisti, danno l’impressione di non essere nella stessa città dai
ritmi frenetici.
Viene da pensare che quei templi, più che per il valore
religioso, siano importanti perchè consentono a chi vi entra di fermarsi un
attimo, di staccare la spina e non pensare a tutto quello che c’è fuori.
Già,
perchè nonostante il benessere diffuso che indubbiamente si respira, non è
tutto rose e fiori, tanto che, tra i principali problemi del Paese del Sol
Levante, vi è l’alto numero di suicidi e casi di depressione, legato sia alla
recessione che negli ultimi decenni l’ha colpito, ma anche ai ritmi di lavoro
spesso massacranti, alienanti.
Degna di nota, infine, è l’accoglienza che viene riservata ai turisti.
Tra
le grandi strade e i grattacieli della metropoli di Tokyo è facilissimo perdere
il senso dell’orientamento.
Ma niente paura!
Ci sarà sempre un giapponese
pronto a fermarsi due secondi per aiutare il visitatore in difficoltà.
L’unico problema è farsi capire. Non è semplice, infatti, trovare
qualcuno che non parli solo giapponese…