Elena
Gentile, da buon eurodeputato in quota Partito democratico, ha le
idee chiare su cosa votare il 4 dicembre. “La
Riforma costituzionale serve all’Italia per essere più forte in
Europa e per essere più credibile e stabile a livello politico. Se
invece dovesse vincere il no, saremmo sbeffeggiati da tutti”.
Anche
lei, dunque, è convinta che votare sì tra qualche settimana
significa garantire al Belpaese un maggior peso politico fuori dai
confini nazionali.
E
l’ex consigliere e assessore regionale pugliese lo ha ribadito a
Bitonto qualche giorno fa, ospite del Pd locale.
E
tra i punti di forza della riforma c’è, a suo modo di vedere, il
profondo cambiamento del Titolo V, la ridefinizione e ridistribuzione
delle competenze tra lo Stato e le Regioni. “Quando
è stato cambiato, nel 2001 – sottolinea
– ha
creato lo sfascio del Sistema Italia, inasprito il confronto tra lo
Stato e le Regioni, riempito di lavoro la Corte costituzionale. Con
queste modifiche, infatti, non ci saranno 20 sistemi sanitari diversi
come adesso, ma saranno definiti i Livelli essenziali di assistenza
(Lea) su tutto il territorio, e si partirà tutti dalla stessa linea
di partenza.
“Ma
con questo – evidenzia
Gentile –non significa che le Regioni perderanno importanza, ma potranno e
dovranno comunque organizzare i servizi sui territori, e soprattutto
il Mezzogiorno non sarà più il Bancomat per il Nord”.
Di
buon occhio ci sarebbe anche – ipse dixit – il nuovo Senato “che
guarderà davvero ai territori e nel rapporto più intenso con
l’Unione europea”, nonché
il tempo certo – 70 giorni – per l’approvazione delle leggi
“perché
gli italiani hanno bisogno di semplificazione”.
Eppure,
anche per l’eurodeputata foggiana, la Riforma costituzionale poteva
essere migliore: “Io
sarei stata ancora più incisiva sul Titolo V, e avrei irrobustito il
tema della democrazia governante, magari dando qualche potere in più
al presidente del Consiglio”. Come
aveva tentato di fare il governo di centrodestra targato Silvio
Berlusconi nel 2006 con la cosiddetta “revolution”,
poi bocciata dagli italiani.
Le
idee dell’ex assessore al Welfare sono chiare anche sull’Italicum,
“serve
una legge elettorale che cii consenta di avere una democrazia
governante e che dia un mandato pieno a chi vince le elezioni”, e
su cosa dovrebbe fare Matteo Renzi se dovesse vincere il “No”
(“deve
dimettersi, perché in questo modo si può aprire un discorso serio
tra le varie forze politiche del Paese. Renzi, però, in realtà non
perde neanche se gli italiani respingessero il Referendum perché
potrà usare a suo vantaggio il consenso che ottiene dal responso”).