Palombaio, le 10 del mattino. La chiesa nuova, rischiarata dal clemente raggio di sole che vi si riverbera
Attraverso i colori delle vetrate, è sembrato voler custodire la delicatezza di una preziosa santità.
I volti giulivi e radiosamente sorridenti di un centinaio di alunni della scuola “Don Tonino Bello” si sono raccolti nell’attesa di un racconto, davanti al focolare dei ricordi legati alla figura di don Tonino Bello.
L’incontro, auspice il prof. Nicola Bolumetti, preside della detta scuola di Palombaio e Mariotto, ha visto la partecipazione di alcuni testimoni della vita e dell’episcopato dell’indimenticato vescovo di Molfetta.
A fare da trait d’union tra scuola e interlocutori è stato Salvatore Bolumetti, fratello del preside, il quale, aprendo la discussione, ha invitato i relatori presenti a raccontare ai bambini il “don Tonino persona”, oltre che vescovo; le testimonianze di Renato Brucoli, stretto collaboratore del vescovo ed ex-responsabile della comunicazione diocesana, e di don Sergio Loiacono che ha vissuto a stretto contatto col prelato sino alla sua morte nel 1993, hanno intrattenuto a lungo i presenti.
Difficile resistere alla tentazione di buttar giù due righe sul ritratto di don Tonino, nato nel 1935 ad Alessano, nel leccese, e ordinato vescovo della Diocesi di Molfetta, Terlizzi, Giovinazzo e Ruvo nel 1982.
Ma i vividi ricordi dei testimoni, e le loro parole sentite e a stento trattenute, sono bastati a dire esaustivamente della straordinaria figura di un vescovo che amava stare in mezzo alla sua gente.
“Oggi vogliamo raccontarvi chi è stato don Tonino Bello” esordisce il preside Bolumetti davanti ai suoi ragazzi, quasi insistendo sul tasto della doverosa conoscenza di colui che dà il nome alla scuola che dirige.
E’ toccato poi agli studenti passare in rassegna, attraverso la proiezione di un video, il pensiero e alcune frasi salienti pronunciate da don Tonino, esplicative della sua brillante personalità.
“Come sarebbe stato e cosa avrebbe fatto don Tonino se fosse vissuto oggi?”, questo è forse l’interrogativo che, più di altri, ha aleggiato sul parlottio sommesso dei ragazzi, come fosse il convitato segreto e invisibile della curiosità infantile, prima di essere esplicitamente posto da un alunno di quarta elementare.
Le risposte di Brucoli e di don Sergio sono riuscite ad instillare nei presenti, giovani e meno giovani, il senso più profondo delle parole e della memoria di don Tonino, il cui tenue sorriso compiacente finiva sempre per lasciar cadere in terra il prodigo seme dei sogni.
“Il grande dono di don Tonino Bello era di offrire sempre e generosamente la sua amicizia a tutti. Se c’era un disagio, quel disagio occorreva viverlo, toccarlo con mano, compenetrandosi nell’altro, nell’ultimo…”, riferisce Brucoli, a proposito di una sua esperienza vissuta, dietro insistenza di don Tonino, a stretto contatto di una famiglia sfrattata e costretta a vivere e trasferire l’arredo di casa in mezzo agli ulivi della campagna molfettese.
La capacità di capire gli altri, incontrandoli, si evince anche dal tenore delle parole pronunciate da don Sergio, il cui ricordo di don Tonino affonda liricamente le radici nella condivisione di uno stato di disagio fisico, la malattia vissuta insieme a don Tonino, con lo spirito di chi non cede allo scoramento, come una vivida fiamma che continua ad ondeggiare, sensibile ad ogni refolo d’umanità.
Nel rintracciare la sottile linea che separa il vissuto dal ricordo attuale, i relatori sono riusciti poi a rendere con delicatezza e misura la melodia di certe frasi pronunciate da don Tonino, parole come carezze, ebbrezza di vita, languore poetico scevro della benché minima intonazione moraleggiante o didascalica.
“Il potere lascialo agli altri, il servizio tienilo per te”, ecco, in quest’afflato francescano vi è tanto di quella lenta, a tratti insondabile, profondità di pensiero di don Tonino Bello, che rivive costantemente, senza mai sbiadire, nell’ingenua e salvifica memoria di chi, anche solo per un istante, ha avuto il privilegio di conoscerlo.