Qui verrà espresso il mio personale pensiero in merito alla dipendenza simbiotica bambino-genitore. Ciò che il seguente vuole essere è uno scritto filosofico-psicoanalitico/psicologico e non, uno scritto elucubrativo e non, una divulgazione e non.
Il come prenderlo spetta solo a voi, ed anche a me: potete leggerlo ritenendovi quel bambino dipendente dal proprio adulto, oppure quell’adulto dipendente dal proprio bambino.
Quanto qui seguirà vuole occuparsi di rivedere la dipendenza, ritenendo quest’ultima possibile di visione dicotomicamente filosofica e psicoanalitica.
Considereremo produttore e prodotto rispettivamente l’adulto-genitore ed il bambino-generato. Si presti attenzione a come, nella parola “genitore”, vi sia l’eco della generazione, l’atto del generare qualcosa: l’adulto genitore è colui che può generare, per questo detto produttore; il bambino sarà il prodotto della generazione avvenuta.
Più specificatamente ci soffermeremo sulla relazione affettiva che scopriremo essere morbosamente simbiotica, incoercibilmente congiunta e, in termini più semplici e d’aperto uso, fondata sulla dipendenza.
Sulla dipendenza dell’adulto-genitore producente
Ci approcciamo, non per casualità quanto per necessità esplicativa e divulgativa, prima alla dipendenza adulto-bimbo, successivamente alla dipendenza bimbo-adulto.
Come detto poco sopra in fase introduttiva, considereremo l’adulto-genitore in veste di producente, ossia colui che, avendo la possibilità di generare, ha generato il proprio bimbo, al quale ci riferiremo come prodotto della generazione.
Vorrei, prima di proseguire, far riferimento alla “Strega”, l’agognata teoria energetico-pulsionale freudiana, data la sua affinità a quello che a breve diremo.
Con questa, Freud pone le fondamenta del pensiero psicoanalitico classico focalizzandosi, quest’ultima teoria, sulla sessualità e sulla scarica libidinosa in quanto principali agenti nella vita psichica dell’uomo. 1
“Il modo di vedere circa l’istinto sessuale è meravigliosamente rappresentato nella poetica leggenda che racconta della divisione degli esseri umani originari in due metà – l’uomo e la donna – e come queste tendessero sempre a riunirsi nell’amore. “ – S. Freud, Tre saggi sulla Sessualità, p.16
“Sembra confinato nella vita notturna ciò che un tempo dominava in pieno giorno. ” – S. Freud, esprimendosi sul tabù del Sesso
La citazione freudiana è attinente alla teoria di cui questa trattazione vuol parlare per una motivazione, oserei dire, quasi lapalissiana: la sessualità, pur qui considerata non solo in quanto soddisfacente del desiderio libidonoso ma come desiderio o spirito procreativo, svolge un ruolo fondamentale.
Continuiamo, quindi, soffermandoci sul perché considereremo la sessualità ed il desiderio libidinoso non solo in quanto portatori di piacere, ma in quanto “spirito di procreazione”.
Dal fronte filosofico, lo spirito di procreazione non è una novità: nel corso del XIX secolo, in pieno romanticismo, Schopenhauer, filosofo tedesco, dedicò un intero saggio a quest’ultima questione.
“[…] è appunto il senso della specie che, riconoscendo l’impronta nettamente impressa, vorrebbe con tale impronta perpetuare la specie stessa.” – Schopenhauer, Metafisica dell’Amor Sessuale, p.65
Per come lo intendiamo noi, lo spirito di procreazione è quel desiderio, in tenera età sino alla fase adulta inconscio, di volere e, schopenhauerianamente parlando dovere, proseguire la specie, soddisfacendo, reconditamente, anche il desiderio sessuale.
Secondo il filosofo, proprio questo desiderio è quello che camuffa quello della procreazione, del senso della specie: quest’ultimo, facendo interessi collettivi anziché individuali, maschera i primi con i secondi, grazie al desiderio sessuale e, quando questo viene soddisfatto, l’effetto è quello della procreazione mera e pura; la finalità è quella biologica, procreativa.
“[…] poiché la volontà è diventata in questo caso individuale, essa deve essere ingannata in modo tale da percepire con il senso dell’individuo quello che il senso della specie le mette davanti, illudendosi così di perseguire scopi individuali (si riferisce al soddisfacimento sessuale), mentre persegue in verità soltanto quelli generali. (si riferisce al suo senso della specie, ed al nostro spirito di procreazione)” – Schopenhauer, Metafisica dell’Amor Sessuale, p.63
Abbiamo accennato poco fa a come possa essere, lo spirito di procreazione, inconscio in età neonata ed adolescenziale: sia se soddisfatto, sia se non soddisfatto, diverrà conscio a maturità psichica raggiunta. L’adolescente o bambino che sia, tenderà a non essere conscio dello spirito procreativo perché questo è camuffato, come Schopenhauer ci dice, in desiderio sessuale. Il ragazzo sente il bisogno incessante di dover soddisfare il proprio desiderio libidinoso così da ricevere quel tanto agognato piacere conseguito dall’atto sessuale. Interessante sapere come, proprio nelle fasi d’infanzia, il bambino si formi dal punto di vista psico-sessuale.
Eppure, come Freud ci dice, la fase puerile è ritenuta, secondo la concezione popolare, quella dove l’essere umano è casto e puro: tutt’altro invece, e dall’ignoranza di quanto detto consegue la completa ignoranza per quanto riguarda la vita sessuale.
“Una caratteristica dell’opinione comune circa l’istinto sessuale è che questo sia assente nell’infanzia e si svegli solo nel periodo della pubertà. Questo, però, non è solo un semplice errore, ma un errore che ha avuto gravi conseguenze perché è principalmente a quest’idea che noi dobbiamo la nostra attuale ignoranza delle condizioni fondamentali della vita sessuale.” – S. Freud, Tre saggi sulla Sessualità
Abbiamo poco fa asserito come lo spirito di procreazione, seppur non soddisfatto, divenga conscio in età adulta: ma questo comporta qualcosa se non soddisfatto?
Effettivamente, uno spirito di procreazione non soddisfatto potrebbe portare sofferenza: potrebbe essere motivo di inferiorità rispetto all’altro che ha soddisfatto questa tappa da loro mancata e non solo, vedremo un’altra motivazione fondamentale dopo. 2
Tengo a specificare, evitando così possibili e plausibili contestazioni, come lo spirito di procreazione di cui noi stiamo parlando ed il senso della specie schopenhaueriano siano analoghi ma non identici: il primo diviene sicuramente conscio, il secondo non sembra esserlo o divenirlo.
Eppure, volendo essere logicamente certosini, potremmo contestare a Schopenhauer come, se davvero l’uomo è completamente illuso di star soddisfacendo un desiderio collettivo camuffato da individuale, lui possa saperlo: non è anch’egli essere umano miope?
Arrivati a questo punto dell’elucubrazione, potreste pensare che l’argomento focale e principale, nient’altro che quello sul quale questo scritto poggia, la dipendenza, sembri esser stato messo da parte; quanto potreste opinare non è fondato: abbiamo effettuato questo piccolo discorso, risultato forse digressivo, per poter avere una visione maggiormente chiara su quanto in procinto d’esser scritto.