Quante parole. Quanti commenti. Quante differenti posizioni. Tante, troppe, perchè si possa continuare a navigare tenendo l’orizzonte ben in vista. Colpevolisti, innocentisti. Chi vuole vedere le teste cadere sanguinanti nella cesta, chi invece vuole glorificare a prescindere le gesta eroiche dell’amico.
L'”affaire” Procacci sconvolge, indigna. E, come sempre accade in Italia, rischia di scivolare via inosservato. Si preferisce cambiare i connotati alla questione, considerandola una scaramuccia tra i potenti.
Quando, in cuor nostro, noi tutti si sa che così non è. Ci auguriamo, per il bene dello Stato che sia qualcosa di meno. Temiamo, purtroppo, che sia qualcosa di più, che sia l’ennesimo colpo basso a un’Italia “colpita al cuore”, come direbbe qualcuno, un’Italia che tuttavia non muore.
I diretti interessati sanno. Noi non possiamo far altro che aspettare di sapere, se qualcosa da sapere ci sarà o dovrà esserci. L’Italia è una grande Nazione. Fatta da gente, purtroppo, a volte piccola, troppo piccola da poter esserne considerata degna. Gente che si arrabbia quando i problemi accadono ad altri. E che dimentica lo spessore di queste stesse questioni quando queste, invece, toccano gli amici di turno.
Quanto sta accadendo in queste ore, strascico di eventi verificatisi ormai già da un po’ di tempo, lungi dall’essere l’ennesimo, “semplice” scandalo politico, è la perfetta riproposizione di un ritornello odioso, fastidioso, una cantilena che si dovrebbe smettere di cantare e tramandare.
I potenti parlano, agiscono. I magistrati indagano. Il pubblico si appassiona, gettandosi sulla questione come tifoserie sulle opposte curve di uno stadio. È l’Italia che si lacera sempre più, pezzo dopo pezzo, raccomandazione dopo raccomandazione, indagine dopo indagine.
Qui non si tratta di soffrire per le tribolazioni di uno studente brillante e ingenuo, vittima o furbo spietato, e di un genitore che ha ricoperto -e ricopre- ruoli di Stato importanti forse troppo zelante nel proteggerlo, nel supportarlo, nel raccomandarlo. No, affatto. La questione, oggi, nelle pagine dei nuovi, recenti scandali politici, sta nella sofferenza quotidiana che si prova nel vedere un’Italia finita, sfinitia, cannibalizzata da una casta che, non sazia, non piena, non contenta, ha preferito rischiare di sputtanarsi per ingoiare anche l’ultimo pezzo di pane restato sulla tavola.
Qui, la questione, è dunque capire se quel pezzo di pane sia stato sudato o rubato. E, per consentire che ciò avvenga, bisogna farsi da parte, restare a disposizione degli inquirenti, autosospendersi, come sapientemente l’ex senatore Giovanni Procacci ha deciso di fare.
Staremo a vedere quello che accade, soffriremo se le responsabilità saranno accettate, e non perchè un amico è stato travolto da uno scandalo, ma perchè un amico ha dato vita a uno scandalo. Soffriremo perchè, ancora una volta, il nostro Paese, la nostra terra, la nostra regione, la nostra fiducia saranno stati stuprati con violenza.
Gioiremo, invece, se i fatti non saranno stati commessi, perchè una speranza, benchè flebile e sottile, ce l’avremo ancora.