Caro Matteo…
Più volte, nella
giornata di ieri ho provato quella sensazione di perdere qualche minuto del mio
tempo per scrivere poche righe al leader della Lega Nord, Matteo Salvini, intervenuto a gamba tesa sulla vicenda della
rivolta dei residenti di Palombaio dinanzi al probabile arrivo di 27 migranti,
destinati ad un centro di accoglienza nella più vicina frazione di Bitonto.
Ma quell’istinto si
è più volte sopito. Perché Matteo non sa. Non conosce. E fa della demagogia e
della strategia della paura le armi per racimolare voti. Un modo un tantino
squallido di fare politica, ma questo è un altro discorso, che va lontano dal
nocciolo della questione.
Sulla vicenda
migranti, Bitonto è tornata alla ribalta dell’attenzione nazionale dopo alcuni
mesi. A maggio fu la scelta sgangherata di adottare alcune persone di colore
per raccogliere le feci dei cavalli durante il Corteo Storico. Quell’episodio indignò l’intera cittadinanza, che non
condivise assolutamente quell’immagine e volle dimostrare tutta la sua attenzione
ai temi dell’integrazione. Da quel giorno, addirittura, una parte della
comunità bitontina si mobilitò pure per organizzare l’8 luglio “Oltre i Confini”, una festa dei popoli
che coinvolse numerose realtà associative del territorio. Unite tutte nel nome
appunto della cultura dell’integrazione.
Dopo qualche mese
però ecco nuovamente i migranti al centro dell’attenzione. Questa volta però
dal lato della medaglia più brutto. Quello razzista. Quello che ha esaltato Salvini,
che non ha perso occasione per dedicare a Bitonto uno dei suoi post
anti-immigrazione su Facebook.
Un centro di accoglienza
in un ex mobilificio che viene mal visto dai residenti di Palombaio, che nei
giorni scorsi sono scesi in piazza per dire no, bloccando le strade ed il traffico
veicolare.
Che nella frazione
bitontina sia accaduto un gran caos e ci sia stata tanta confusione, anche per
colpa di errate comunicazioni, è lampante: perché prima i migranti erano 300
quando in realtà erano soltanto 27. Ma quel che stupisce è il divieto posto da
una comunità che avrebbe dovuto ribellarsi già in passato, per questioni forse
ben più gravi. In fondo, a delinquere a
Palombaio finora non sono mai stati i neri, bensì i bianchi, gli italiani, i
bitontini. Ovvero i concittadini di quella gente scesa per strada. Coloro
che continuano a svaligiare appartamenti, a rubare auto, a danneggiare le
campagne, ad appropriarsi dei raccolti dei poveri contadini. Criminalità e sicurezza a Palombaio sono forse problemi minori di quello – tutto da
accertare, in fin dei conti – della presenza di alcuni migranti? Ed allora come
mai i ribelli di Palombaio non sono scesi in piazza già in questi anni per difendere
il loro territorio da questa escalation delinquenziale? Come mai negli anni ’80
non si sono mobilitati dinanzi all’arrivo di famiglie provenienti dal capoluogo
barese, che di certo non hanno portato stabilità e serenità? Eppure, ancora
oggi, molti palmaristi assicurano di non accettare e condividere il dover
convivere con questi soggetti giunti negli anni da Bari. Tant’è che, nell’occasione
della rivolta per strada, non sono mancate pure tensioni tra originari delle
frazioni e forestieri.
Una delle
spiegazioni date al rifiuto dei migranti è quella che vede Palombaio non offrire beni e servizi adeguatianche per costoro. Dato che nel tempo, raccolte firme ed impegno civico di
alcuni cittadini non sono mancati, perché non sono scesi in piazza a richiedere
servizi tali da rendere la frazione sempre più vicina a Bitonto e sempre più
funzionale con l’evoluzione dei tempi?
Dunque, cari palmaristi
e cari razzisti tutti. La colpa non è
dei “neri”. Che non sono il male supremo di tutto. I primi responsabili siamo noi “bianchi”. Noi che ci ribelliamo e ci
indigniamo ad orologeria. Noi che oggi siamo per l’integrazione e domani siamo
razzisti. Noi che accettiamo in silenzio criminalità e delinquenza. Noi che stupriamo
e violentiamo donne come se fossimo nel Medioevo (e le cronache nazionali ne
sono pieni di casi di questo genere).
Mi dispiace, ma vedere
Bitonto identificato come un Comune razzista a livello nazionale, non mi sta
bene. Perché il nostro è un territorio che ha delle eccellenze in materia di
integrazione (la Cooperativa Auxilium col suo progetto SPRAR, ad esempio, con
ragazzi impegnati anche nello sport bitontino, ndr), perché la nostra è una
terra da sempre definita dell’accoglienza, la porta verso l’Oriente. E allora
prima di prendercela con i neri, i migranti, prendiamocela con noi stessi. Che
siamo i protagonisti in campo ma che facciamo davvero ben poco per costruirci su
un futuro, o perlomeno per difenderlo e tutelarlo.
A Salvini, invece,
un invito. Personale. Se vuole affrontare le battaglie anti immigrazione, ha
una sede dove lui è deputato a farlo. È il Parlamento Europeo, del quale ne è
persino rappresentante. Magari, con meno comparsate televisive a forti tinte demagogiche
qua e là, e con qualche seduta in più ad alzare la voce nelle istituzioni che
contano, qualcosa potrebbe provare anche lui a cambiarla. Così da tutelare nelle
sedi opportune il nostro Paese, chiedendo al resto d’Europa di condividere questo
fenomeno con l’Italia. E lì sicuramente il tono della lettera sarebbe stato ben
diverso…