La storia di Nanuccio Naglieri è un po’ la storia di tutti noi. Di chi, bambino, saliva l’erta di via Megra e, su quegli spalti grigi come un cielo novembrino che d’incanto si colorava di primavera, sognava di diventare come quegli eroi in casacca neroverde. Di un gruppo di ragazzi che correva, sudava, dribblava e segnava gol in nome di un valore che non esiste più: l’amore per la maglia. Di tutta la comunità che in quell’esempio di eccelsa altezza morale rinasceva e ritrovava ragioni di coesione e unità.
Per questo, quando ieri mattina un tam tam triste ha portato per i vicoli e le strade la notizia della tragica scomparsa a soli 56 anni del mediano indomito e leale è stato come se una lama trafiggesse il cuore della città intera. Tommaso Annese, ex arbitro di IV Serie, ha sentito incrinare la voce ed ha avuto solo la forza di sussurrare: «Era un gran bravo ragazzo».
Amedeo Savoni, dopo aver aperto come ogni mattina il suo laboratorio di pasticceria, alla ferale nuova ha lasciato tutto ed è corso difilato all’Hospice a vegliare l’amico che non ce l’aveva fatta. E lì ha riabbracciato e pianto insieme ad altri compagni di squadra, che mai avevano abbandonato Nanuccio. Primo fra tutti, Giovanni Vitale, che con forza disperata e carezzevole affetto fraterno ha sostenuto Nanuccio in questa battaglia terribile contro la Bestia invincibile.
Nicola Lavacca, commosso, lo ha ricordato con queste parole: «Ragazzo di una umiltà unica, stantuffo di centrocampo grintoso mai domo, sempre nel vivo del gioco al servizio della squadra pur con un carattere forte e un temperamento che magari a volte sfociava in qualche eccesso proprio dei giocatori aggressivi e grintosi. Un amico per tutti i compagni di squadra, sempre rispettoso degli altri. Sono molto rattristato e addolorato anche perché sapevo del sui problemi di salute. Se ne va un altro pezzo della storia dell’US Bitonto, un bitontino doc che ha onorato la maglia neroverde».
Colmo di emozione, gratitudine e nostalgia il saluto di Valentino Losito: «Un bitontino che vestiva il neroverde come una divisa da onorare, che stava sul centrocampo come sul Piave. Lo ricorderemo così, una specie di angelo dalla faccia sporca, quasi mai solcata da un sorriso. Rude ma schietto, vero, autentico, nodoso e bello come un nostro vecchio ulivo. Un anti eroe, un ragazzo schivo, che dai campi di periferia era arrivato in prima squadra, quando questo era tra gli onori più belli per servire la propria città. Ciao Nanuccio, grazie per le emozioni semplici e vere che ci hai fatto vivere, per l’entusiasmo sincero che hai fatto palpitare. Ti vogliamo bene».
Significative le parole di Franco Natilla: “Serbo anch’io un bel ricordo di Nanuccio, una roccia in campo, preciso e scrupoloso nell’adempiere ai compiti tattici che gli venivano affidati. L’ho arbitrato diverse volte nelle partite di allenamento il giovedì. Umile e leale, rispettoso di avversari e arbitri. Mai sulle righe. Invoco il Signore affinché lo accolga nel regno dei cieli».
Giovanni Santoruvo ha rimembrato gli anni avventurosi e bellissimi del calcio a 5 e delle finali scudetto contro la Roma Barilla: «Un ricordo indelebile quando come circolo Pertini, partecipammo alla Serie A di calcetto, partite memorabili al palazzetto, una bolgia. Lo chiamavo “lo sciatore”, perché giocava da Dio, tanto che a fine anno fu richiesto da tutte le squadre. Senza retorica, se in paradiso si giocasse a calcio lui giocherebbe senza dubbio».
Che la terra – quasi certamente del campo brullo che fu il Comunale – ti sia lieve e che il cielo si schiuda per abbracciarti come fa con i puri di cuore, campione di un calcio che non c’è più.