Il clou è oggi, con lo sciopero generale organizzato in diverse città
italiane per ribadire – lo si è già fatto il 24 aprile – un secco
“no” alla riforma della scuola (e pensare che il disegno di legge si
chiama “Buona scuola”) in discussione in questi giorni alla Camera.
Ma già ieri, come fatto nei giorni scorsi, uno sparuto numero di
docenti bitontini ha voluto nuovamente far capire perché questo testo proprio
non va giù e non può essere accettato.
L’occasione, il flash mob
“divulgativo e informativo” partito da piazza san Pio e
conclusosi in via Repubblica. I presenti, a dire la verità, non sono stati
tantissimi, ma il messaggio che andava lanciato è arrivato forte e chiaro, e
non solo grazie al megafono. Giù le mani dalla scuola pubblica statale. Guai a
chi crea una scuola di serie A e una di serie B. Niente ulteriore
precarizzazione per i giovani.
Il coordinamento docenti bitontini ha fatto nuovamente le pulci a una
riforma che – si dice da queste parti – proprio tale non è. Il perché lo si
capisce da un documento preparato proprio dagli insegnanti.
“È un
disegno di legge aziendalistico, autarchico e antidemocratico che vuole
trasformare la scuola in un business. Vuole far entrare sponsor privati nei
programmi e nei piani dell’offerta formativa. Prevede la chiamata diretta dei
docenti fatta dai dirigenti scolastici supermanager. Esclude d’ufficio i
precari che hanno fatto supplenze per 3 anni. Ci sono ben 13 deleghe affidate
soltanto al Governo, che potrà decidere anche senza tener conto di quello che
dice il Parlamento”. “La
legge – spiegano Rosanna Perilloe Rosalba Cassano, due insegnanti – danneggia anche le famiglie e i presidi, e
ci auspichiamo che a protestare (oggi previsto corteo a Bari con partenza dal
Castello Svevo e arrivo in piazza Prefettura) ci siano anche loro. Le
assunzioni previste riguardano soltanto i docenti e non il personale Ata, e ci
sono anche 400 euro di sgravi fiscali per chi iscrive un proprio figlio a una
scuola privata. Noi insegnanti non siamo né abulici e né squadristi, e
auspichiamo un nuovo contratto di lavoro, che sia assolutamente serio,
condiviso e non unilaterale”.