Come una grande e colorata matriosca, che si spalanca per accogliere premurosamente una bambola più piccola, così il Museo Archeologico De Palo Ungaro ha aperto i suoi battenti, per abbracciare la mostra contemporanea “Dimensioni Parallele-Germogliava in Lei la luce”.
La storia e la tradizione, lungi dal ritirarsi in una roccaforte di autoreferenzialità, hanno schiuso le loro bellezze e si sono “impastate” con una poetica moderna e innovativa, condividendone lo stesso contenitore culturale.
Così, accanto alle sale con crateri, anfore e piatti databili tra il VI e III secolo a.C., hanno trovato posto le sperimentazioni di artisti-docenti dell’Accademia di Belle Arti di Bari, affermati nel panorama nazionale, e di alcuni giovani segnalati dagli stessi artisti. Opere diverse per ispirazione e “sentire”, che viaggiano per l’appunto su binari paralleli, e che pure sono accumunate dalla stessa volontà di scoprire (e restituire al mondo, come una specie di divinazione) l’affascinante gioco tra luce e ombra di una contemporaneità a tratti imperscrutabile e misteriosa.
“Contemporaneo è colui che tiene fisso lo sguardo nel suo tempo, per percepirne non le luci, ma il buio”, ha dichiarato la sera dell’inaugurazione il Presidente della Fondazione De Palo Ungaro, Prof. Nicola Pice, riprendendo le riflessioni di Giorgio Agamben sulla scia di Nietzsche. E ha continuato scavando nella nozione di contemporaneo, inteso come viaggio inarrestabile verso la luce: “Contemporaneo è colui che sa vedere questa oscurità e si rivela capace di intingere la penna, ovvero il pennello e lo scalpello nel caso del pittore e dello scultore, nella tenebra del presente, nella consapevolezza che il buio del proprio tempo è qualcosa che lo riguarda e non cessa di interpellarlo, ricercando quella luce che pure germoglia in quella tenebra”.
Tanti gli artisti, d’indiscutibile talento, coinvolti nell’esposizione: Mimmo Attademo, Pantaleo Avellis, Fabio Bonanni, Antonio Cicchelli, Maria Alessia Colacicco, Guido Corazziari, Vito Cotugno, Patrizia D’Orazio, Carlo Fusca, Hwal Kyung Kim, Tommaso Lagattolla, Paolo Lunanova, Luigi Mastromauro, Pietro Romano Matarrese, Mauro Antonio Mezzina, Magda Milano, Ugo Molgani, Angelo Pagliarulo Giuseppe Patruno, Alfonso Pisicchio, Rosa Anna Pucciarelli, Carlo Simone, Giuseppe Sylos Labini, Tarshito. E gli allievi Daniela Addante, Cosimo Argentiero, Stefano Capozzo, Raffaella Linda Capriati, Arianna De Pinto, Marco Fabiano, Antonio Galati, Angela Lomele, Giuseppina Longo, Francesco Mangini, Albert Metasani, Giuseppe Marinelli, Eleonora Nacci, Michela Palermo, Gabriella Pesce, Marina Quaranta, Maria Sciannimanico.
L’incomunicabilità dei cuori, la forma che si deforma, il consumismo più deleterio, la maschera come modus vivendi – accanto a bellissimi costumi del reparto scenografia dell’Accademia- sono alcuni dei tanti “buchi neri” del nostro mondo, che hanno trovato espressione nelle circa 40 opere esposte. E non manca traccia, in essi, persino di una riflessione sul colore e sugli stili comunicativi più opportuni, per tradurre il pensiero attraverso la bellezza dell’arte.
“Germogliava in Lei la luce”, ha spiegato il professor Pice, “è il verso di Alda Merini tratto dal suo Magnificat a Maria, che pone il grande messaggio d’amore che si chiama Vita. È stato scelto come motivo conduttore di questa mostra d’arte contemporanea, come a voler indicare la ricerca attenta che sta alla base di ogni opera d’arte qui esposta e che vede ogni artista sentirsi spronato a cogliere l’aspetto costitutivo della realtà che egli vive ed esprimerla attraverso la bellezza dell’arte”.
La mostra, inaugurata venerdì 22 maggio, sarà aperta al pubblico fino a lunedì 22 giugno.