Ieri mattina, Antonio nemmeno più tremava. Era “solo”” tutto un pezzo di ghiaccio.
Aveva passato la notte nel solito gazebo di un bar di via Matteotti e perciò le mani s’erano congestionate. Un piede era quasi immobilizzato. Lui ci scherzava pure: “Avranno acceso il nuovo condizionatore stanotte“.
La barba incolta, il giubbotto di pelle sempre più leggero, sotto braccio un maglione blu.
Ecco, passa le sue ore all’addiaccio, vive per strada – “dove tanti possono essere i tranelli“, lamenta con un filo di voce -, fa la spola fra il nulla e il niente, campa di elemosina e del buon cuore dei passanti che ogni tanto gli lasciano qualche spicciolo.
Pare gli serva danaro per partire per chissà dove.
Sappiamo che alcuni, parenti inclusi, hanno provato ad aiutarlo, ma non si sa bene perché, finora nulla è andato in porto.
D’accordo, ognuno è padrone del suo destino.
Però, sinceramente, mi rifiuto di pensare che la comunità bitontina possa accettare che un suo figlio diventi arredo urbano fino alla consunzione di sé.