Silenzio totale sulla internalizzazione (e a gennaio 2022 dovrebbe avvenire il tutto, stando almeno alle volontà di INPS) e, quindi, domani sciopero degli operatori telefonici impegnati sulla commessa in tutta Italia.
La decisione è stata indetta dai sindacati nazionali (SLC CGIL, FISTEL CISL, UILCOM UIL) che hanno indetto per domani “un’ora di sciopero a fine turno delle lavoratrici e dei lavoratori impegnati sulla commessa Inps al fine di portare la dirigenza dell’Istituto ad aprire urgentemente il confronto sui criteri con i quali verrà realizzata l’internalizzazione” si legge in un comunicato congiunto di qualche giorno fa.
Il motivo, allora, non è di difficile comprensione. Far smuovere l’Istituto nazionale di previdenza sociale dal mutismo nel quale si è trincerato da alcune settimane sul percorso di (legittima) internalizzazione degli oltre 3mila operatori telefonici impegnati sulla commessa. E che proprio INPS, per bocca del presidente Pasquale Tridico, aveva (avrebbe? ha?) intenzione di attuare al termine dell’appalto di outsourcing in scadenza a dicembre 2021.
Succede, però, che “a otto mesi dal dichiarato realizzarsi dell’internalizzazione le lavoratrici e i lavoratori interessati ancora non hanno alcuna visibilità sulle regole che dovranno presidiare l’assunzione di tutte le persone impegnate sul servizio. Questa situazione sta creando, e sempre più creerà laddove non risolta, problemi nella gestione quotidiana dell’attività oltre che evidenti ansie e preoccupazioni fra i lavoratori”, scrivono le organizzazioni sindacali, che aggiungono un altro dettaglio, che però sarebbe errato definire tale: “il tema delle regole è per queste OO.SS. importantissimo perché la questione non è più se debba nascere la società in house che internalizza il servizio, ma che l’internalizzazione deve garantire tutte le persone impegnate sulla commessa, nessuna esclusa, così come già avvenuto a fine novembre 2019 con l’applicazione della clausola sociale nel passaggio dei lavoratori dai fornitori uscenti verso i nuovi entranti Comdata e Network Contacts”. Sedi in cui domani verrà effettuato lo sciopero, quindi.
Chiaro, allora, il concetto. Per i sindacati, l’internalizzazione deve riguardare tutti i lavoratori attualmente impegnati sulla commessa e che ogni giorno, per 12 ore al giorno, e ancora di più con l’emergenza sanitaria in corso, rispondono agli utenti – il più delle volte esasperati, stanchi e amareggiati – mostrando sempre enorme professionalità, passione e competenza, anche dinanzi a continui e profondi cambiamenti che investono e investiranno la delicata e complessa materia con cui hanno a che fare (non ultima, da luglio, l’arrivo dell’Assegno unico per i figli).
D’altronde, la salvaguardia dell’attuale perimetro occupazione è scritto anche nella legge di riferimento: la famosa 128/2019 che recita testualmente “per promuovere la continuità nell’erogazione dei servizi e per tutelare la stabilità occupazionale del personale a essi adibito, tenuto conto dell’esigenza di valorizzare le competenze dallo stesso maturate, anche in ragione dell’assenza dei relativi profili professionali nelle piante organiche dell’INPS, alla società Italia Previdenza – Società italiana di servizi per la previdenza integrativa (SISPI) Spa, interamente partecipata dall’INPS, sono altresì affidate le attività di Contact center multicanale verso l’utenza (CCM)”.
A oggi, però, – ed è questo il motivo dello sciopero di domani, al quale seguiranno azioni più significative se il silenzio di INPS dovesse continuare – alle parole non sono seguiti i fatti, e tutto è ancora un grosso punto interrogativo.
Stabilizzare non sarebbe (è) semplicemente un atto di giustizia sociale, ma innanzitutto di rispetto sia nei confronti di chi è impegnato sulla commessa da oltre un decennio e ha subito non pochi cambi di appalto, sia per chi è da pochi anni, che desidera un futuro sicuro dopo un (lungo) contratto di somministrazione.
Oltre 90 dipendenti a 10 ore settimanali. In tema di rispetto, c’è ancora da risolvere la (difficile e quasi imbarazzante) situazione di circa una 90ina di operatori telefonici, impiegati a Molfetta sul sito di “Network Contacts”, che hanno raggiunto sì la stabilizzazione – leggasi contratto a tempo indeterminato – dal 16 dicembre 2020 e/o dal 1° febbraio 2021, ma sempre con la zavorra delle 10 ore settimanali (con cui, però, sono stati assunti già in “Transcom” anni fa e che hanno mantenuto nel cambio di appalto) nonostante un impegno sottoscritto dal colosso molfettese, a fine settembre, per il passaggio a (almeno) 20 ore settimanali.
Su questi lavoratori pesa, come un macigno, soprattutto la difficoltà dei volumi di traffico, altamente fluttuanti e da mesi tendenti al medio basso, gli impegni presi e non garantiti proprio da INPS, più tutta una serie di altre situazioni. E che, purtroppo, costringono questi lavoratori a uno stipendio di circa 300 euro al mese e a tutte le conseguenze del caso in materia contributiva.