Da Clara Angela Brascia, Responsabile comunicazione Presidio Bitonto, riceviamo e volentieri pubblichiamo.
“Continua “Venti Liberi”, la
festa organizzata da Libera Puglia che vede Bari e i presidi di tutta la
provincia protagonisti delle cinque giornate di dibattiti, spettacoli teatrali
e presentazioni di libri e film per festeggiare il ventennale dell’associazione,
e che accoglierà il suo fondatore don Luigi Ciotti il giorno 27 a conclusione
della manifestazione.
Nella terza giornata di festa Libera ha dato spazio ad un tema tanto
preoccupate quanto taciuto, ovvero la situazione critica in cui riversa il
Messico, sempre più sotto il controllo dei narcotrafficanti. Libera si era già
impegnata a riguardo lo scorso 27 novembre quando nelle piazze delle più
importanti città italiane volontari da tutti i presidi hanno chiesto “Justica y
Verdad” per i quarantatré studenti messicani rapiti e scomparsi.
Ospite della serata è stato Attilio Bolzoni, giornalista di Repubblica che da
sempre si occupa di scrivere di mafie, e il suo docu-film “Silencio”, girato nel
lontano e travagliato Messico.
<<Ho fatto questo documentario sul Messico>> spiega Bolzoni
<<pensando a uno specchio, pensando all’Italia. Al giornalismo esaltante
che viene fatto in Messico e a quello morto italiano>>
Un giornalismo che costa caro ai messicani. Dal 2000 ad oggi sono 80 i
giornalisti ammazzati, 16 quelli scomparsi. Sono cifre che fanno paura, specie
se si considera che sono le più alte di sempre: ci sono più giornalisti morti
in Messico dove non è neanche riconosciuto lo stato di guerra che non in Iraq
(71), o di quanti ce ne furono in Vietnam (66) e in tutta la seconda guerra
mondiale (68).
Un viaggio quello di Bolzoni che va da Cancún e la Playa del Carmen, dove le
infiltrazioni della ‘ndrangheta sono sempre più evidenti, a Ciudad Juárez, la
città al confine con il Texas conosciuta per il suo triste primato di essere la
più pericolosa al mondo. Perché come diceva Octavio Paz, poeta messicano, “la
maledizione del Messico è di essere sempre troppo lontano da Dio, sempre troppo
vicino all’America”.
Il direttore del quotidiano “Por Esto” gli parla del così detto “gruppo Alfa”
di giornalisti messicani, che provvede a pubblicare notizie di cronaca e
inchieste scomode contemporaneamente su tutte le testate giornalistiche, al
fine di evitare ritorsioni a singoli da parte della polizia. Si, della polizia,
perché come spiega Anabel Hernàndez, autrice de “Los señores del narco”(tradotto
in Italia con il titolo “La terra dei Narcos”), i giornalisti messicani non
vengono uccisi dai narcotrafficanti, ma dalla polizia e funzionari pubblici
corrotti.
Essere giornalista in Messico significa essere corrispondente di guerra a casa
propria. Un concetto familiare a Bolzoni, che è stato in Sicilia per più di
venti anni occupandosi di mafia, scrivendo articoli che venivano firmati dalla
redazione al completo, proprio come il gruppo Alfa messicano.
Don Ciotti nel film di Bolzoni parla della verità che si conosce in Messico, e
della verità che non si conosce in Italia.
Cosa è successo in tutti questi anni?
Cosa è cambiato?
Come si è potuti
arrivare al punto in cui migliaia di morti e desaparecido non provochino altro
che silenzio?
Un silenzio che almeno ieri sera si è infranto, quando la verità del Messico è
stata raccontata.