Viareggio, 31 gennaio 1969.
Nessuno poteva immaginare che quel giorno avrebbe cambiato una Nazione. Che da quel dì la storia italiana avrebbe incontrato una delle sue fasi più dure, più cruenti ma che più delle altre, l’avrebbero cambiata e segnata per sempre.
Già, perché quello che succede nella città toscana in quella che tutti pensavano sarebbe stata una giornata come tante altre di inverno inoltrato, in realtà è l’antesignano di un qualcosa di grande.
È stato sì un tragico rapimento che ha sconvolto l’Italia, così come ha scritto nel suo libro, uscito l’anno scorso a 50 anni dall’accaduto, il giornalista e scrittore Sandro Provvisionato, ma è anche – forse soprattutto – la storia del primo rapimento dello Stivale, e il via libera “nascosto” – ma questo lo si capirà anni dopo – a quel periodo chiamato strategia della tensione.
Un po’ prima di quella bomba alla Banca nazionale dell’agricoltura, a Milano, il 12 dicembre dello stesso anno.
I fatti, allora.
Un dodicenne, Ermanno Lavorini, figlio di commercianti, esce di casa alle 14.30, ma non torna più, scompare nel nulla. La famiglia e l’intera città iniziano una disperata ricerca del ragazzo, trovato senza vita il 9 marzo, quindi 37 giorni dopo, seppellito malamente e seminascosto sulla spiaggia di Vecchiano, in provincia di Pisa. E famosa per essere frequentata da pedofili e omosessuali.
Nel frattempo, a Viareggio, il caos regna incontrastato: c’è chi si azzarda a chiedere un riscatto di 15 milioni di lire per la liberazione, ma soprattutto iniziano i primi interrogatori dei sospettati, telefonate anonime, depistaggi, isterie, molti “si dice”, ma, soprattutto, si scatena una orrenda caccia alle streghe, perché il sospetto è che Ermanno sia stato ucciso da qualche “invertito” che frequenta la Pineta, un luogo che i viareggini scoprono essere infestato da prostituzione minorile e da pedofili. Il clima si fa teso, e cresce il bisogno di trovare subito un colpevole.
Che, in realtà, non tarderebbe neppure ad arrivare. Accade, infatti, che una domenica di aprile dello stesso anno “il caso Lavorini” – così viene comunicato alla stampa dal colonnello Mario De Julio, comandante della legione dei carabinieri di Livorno – è da ritenersi “definitivamente chiuso”: un sedicenne, Marco Baldisseri, ha confessato di aver ucciso Ermanno “per futili motivi”.
Chi è Marco Baldisseri? Uno dei due ragazzi – l’altro è Rodolfo Della Latta – al centro dell’inchiesta. Interrogati numerose volte, cambiano continuamente versione, accusando molti innocenti di Viareggio senza fornire descrizioni verosimili. Un pezzo della “Viareggio bene” rischia il linciaggio e subisce un processo mediatico di inaudita ferocia. Tra questi Adolfo Meciani, che distrutto psicologicamente si uccide in carcere nel maggio dello stesso anno.
Passano i mesi, e le indagini arrivano a un punto morto. Troppi accusati e tante versioni discordanti. Nonostante, però, non ci sia nulla di concreto, si pensa sempre che l’omicida sia un pedofilo, e anche il 99 per cento della stampa dell’epoca si beve questa “certezza”.
L’eccezione è rappresentata da Marco Nozza, inviato de “Il Giorno”. L’unico che, in un paese ormai dalle bocche cucite, si va a cercare le notizie. Scoperchiando così una realtà completamente diversa. Come? Notando il distintivo del Fronte monarchico giovanile sul maglione di Marco Baldisseri.
Si inizia, allora, a parlare del Fronte monarchico giovanile di Viareggio, che raccoglie giovani dai 14 ai 30 anni dell’Unione monarchica italiana, l’Umi.
Il vertice è Pietrino Vangioni, figura cruciale e centrale di tutta la vicenda e che, in una Viareggio dove gli scontri ideologici si stanno spostando sul lato militare, ha deciso di creare “da destra” un gruppo armato che contrasti le contestazioni della sinistra extraparlamentare. Anche grazie alle intuizioni di Nozza, la magistratura condanna, nel 1977, Vangioni, Baldisseri e Della Latta per aver rapito Ermanno Lavorini con l’obiettivo di chiedere alla sua famiglia un riscatto, che nelle intenzioni doveva servire a finanziare le attività di questo gruppo politico estremista.
La giustizia, però, non è mai riuscita a capire chi effettivamente abbia ucciso il giovanissimo Ermanno.
Undici mesi dopo questo rapimento e uccisione, una bomba esplode a piazza Fontana.
Siamo a Milano…