Di scritte sui muri, sulle facciate dei palazzi, sui monumenti, la
città è ahinoi piena. Un odioso fenomeno che nasce da uno scarso rispetto della
storia rappresentata da quelle superfici, da parte di ragazzi che affidano a
quelle pietre i propri pensieri, siano essi messaggi politici oppure odi alla
dolce metà.
Talvolta, tuttavia, alcune scritte sopravvivono all’azione del tempo o alle
operazioni di restauro, diventando testimonianze storiche di epoche passate.
Esempi di simili testimonianze a Bitonto non mancano di certo.
“Viva il Papa, abbasso il Papa Re. Viva V.E. (Vittorio Emanuele, ndr) II al
Campidoglio” recita uno di questi graffiti storici, scritto in epoca pre-unitaria, sulla facciata del
palazzo sito tra il Torrione e la Chiesa di San Gaetano. La scritta, preziosa
testimonianza degli eventi che hanno portato alla nascita dello stato italiano,
è protetta da una lastra di plexiglass. Per salvarla dagli effetti del tempo,
qualcuno ha pensato bene di preservarla in tal modo. Ottima idea, senza alcun dubbio.
Ma perché non riservare lo stesso trattamento ad altri graffiti che stanno
ormai scomparendo?
“Votate Domenico Cioffrese” si legge in un’altra scritta ubicata in via
Matteotti, vicino all’incrocio con via Duca d’Aosta. Scritta risalente al 1913,
quando nel collegio di Bitonto, Giovinazzo e Terlizzi, Gaetano Salvemini,
Giuseppe Laudisi, Gaetano Vitagliano e Domenico Cioffrese si sfidarono nella
corsa per il Parlamento, in quelle che furono le prime elezioni a suffragio
quasi universale maschile. Episodio tutt’altro che positivo per Bitonto, dato
che i mazzieri al soldo di Cioffrese influenzarono l’esito delle urne usando
violenza ed intimidazioni. Ma la storia è fatta anche da aspetti negativi, che
sono da ricordare al pari di quelli positivi. Anzi, forse ancora di più, per
evitarne la ripetizione.
In via Galilei è in bella vista la scritta “Votate la lista n.8”, anch’essa con
parecchi anni alle spalle. Peccato che non sia dato sapere a quale forza
politica si riferisse l’autore. Quasi del tutto scomparsa è la dicitura
fascista “Gioventù del Littorio” in piazza Minerva, vicino la chiesa di San
Francesco la Scarpa.
Altro graffito da proteggere è quello che si trova nei pressi della scalinata
di via Goldoni, che recita “Vogliamo la luce elettrica”. E’ sicuramente risalente
agli anni a cavallo tra l’800 e il ‘900, dato che l’energia elettrica, a
Bitonto, arrivo nei primi anni del ventesimo secolo.
Ancor più antica è il misterioso messaggio inciso sulle pareti di Porta
Baresana che riporta la data del 1744.
Possiamo annoverare anche la dicitura “CCCP”, vicino la Basilica dei Santi
Medici, resa celebre dalla copertina dell’album “Ecco i miei gioielli” del
gruppo rock dei Cccp. Non sappiamo se l’autore del graffito volesse rendere
omaggio alla band o, più probabilmente, all’Unione delle Repubbliche Socialiste
Sovietiche. Ma, in ogni caso, anche quella potrebbe considerarsi una traccia
del nostro passato, con i suoi decenni ormai alle spalle.
Qualunque sia il messaggio e la data di origine di queste scritte, esse non
sono semplici scarabocchi come quelli dei ragazzini odierni che deturpano le
facciate dei monumenti e dei palazzi, ma rappresentano tracce del nostro
passato che sarebbe utile preservare dall’oblio, dalla sorte che è, invece,
toccata al messaggio di origine fascista che recitava “E’ l’aratro che traccia
il solco, ma è la spada che lo difende”. La frase si trovava sulle mura
perimetrali della città antica, vicino al giardino pensile, prima di essere
ingiustamente cancellata durante gli ultimi lavori di restauro delle mura
medievali. Basterebbe poco per salvarli dagli effetti distruttivi degli anni
che scorrono. Una semplice lastra in plexiglas, come è stato fatto in piazza
Cavour, potrebbe bastare.
Forse, chissà, in un futuro lontano, qualche nostro collega lancerà un appello
simile, chiedendo di salvare anche quelle sdolcinate frasi d’amore o quei
messaggi inneggianti alle attuali forze politiche, che noi oggi consideriamo
solo scarabocchi!