Quando, anni fa, Domineddio, dall’alto della sua onniscienza, scrutò quest’uomo che cominciava a cercarlo con sobrio ardore, decise che avrebbe esaudito il desiderio di don Tonino Bello.
Il celebre vescovo di Molfetta, infatti, in un testo breve, ma tanto ispirato – come spesso gli capitava – così scriveva: “Spirito del Signore, dono del Risorto agli Apostoli del Cenacolo, gonfia di passione la vita dei tuoi presbiteri. Riempi di amicizie discrete la loro solitudine. rendili innamorati della Terra, e capaci di misericordia per tutte le sue debolezze“.
Ma chi era quell’uomo che dicevamo mettersi sulle tracce del Vangelo per farsi autentico servo di Dio?
Il nome è presto detto: Francesco Acquafredda.
Don Ciccio per tutti, il parroco della Cattedrale.
Sorriso buono e pure piglio deciso (ancora il beato molfettese ci viene in soccorso: “audacia mista a tenerezza“), ieri ha festeggiato 45 anni di Ordinazione presbiteriale.
Quasi mezzo secolo di bontà e umiltà, di generosità e concretezza, di amore e missione.
La porta della sagrestia perennemente aperta, come simbolico abbraccio a chi ha sete di luce.
E in un mondo in cui tutti pensano che tutto sia loro dovuto, don Ciccio rappresenta una rara avis davvero.
Difatti, al termine della celebrazione domenicale, con emozionata allegria ha perso ad inondare di gratitudine tutti i presenti.
Con parole piene di riconoscenza si è rivolto a tutti, dal primo dei suoi collaboratori, don Paolo, all’ultimo dei fedeli, passando per gli animatori e per il coro, che con lui condividono gioie e dolori, affanni e speranze.
Come a dire: la comunità siamo tutti noi, uomini e donne della chiesa di San Giovanni evangelista e della Cattedrale, io da solo da nessuna parte andrei.
Il pastore che prende per mano il suo gregge e lo guida con infinita saggezza, lasciandosi persino guidare.
E stiamo parlando di centro storico, quartiere tutt’altro che facile, senza mezze misure, dove anime grandissime stridono con infime presenze e la zizzania del male è sempre in agguato fra le spighe dorate di pulizia morale.
Poi, la sera, nell’atrio del duomo cittadino, luci, colori, note e tanto, tanto affetto per il sacerdote.
Chi ha avuto la fortuna d’averlo come docente ricorda con piacere i mille temi scritti con lui, perché il Verbo si conosce, si onora e si rispetta proprio partendo dal verbo.
E sa che la sua omiletica pacatezza è in grado di spezzare il pane degli angeli e dividerlo con tutti, ma proprio tutti.
Dunque, ancora auguri di cuore, don Ciccio!