Rohela ha occhi profondi come una notte misteriosa ed un sorriso che non esiste più, e non solo per la mascherina. Ci saluta con un abbraccio grande, immenso, sulla soglia di quella che ora è casa sua: un piccolo appartamento nel centro di Bitonto. Rohela è tra le tante profughe afghane che vivono in Puglia, giunta per disperazione, in una terra nuova che l’ha accolta nel 2013. È questo, infatti, l’anno in cui la sua bimba più grande, oggi 12enne, si è ammalata di leucemia e necessitava di cure urgenti. L’Italia era l’unica speranza. Quella terra in cui ha dato alla luce anche la più piccola della famiglia, che portava in grembo durante il viaggio di fortuna. Rohela, a Kabul, ha lasciato tutta la sua vita: il marito, altri quattro figli e genitori, fratelli, nipoti. Persone di cui adesso non ha più notizie da giorni. Perché da quando sono arrivati i talebani “e hanno bombardato le centrali della luce, i cellulari riescono a caricarli ogni tanto dalle batterie dalle auto, se non sono saltate in aria, e dai generatori di corrente”, dice la donna in apprensione. L’emozione lascia spazio alle lacrime mentre ci mostra le ultime foto giunte dai figli che non vede da 8 anni, se non tramite lo schermo di un cellulare che ora stringe forte a sé: “Sono troppo in pensiero per loro, vorrei solo che, attraverso dei corridoi umanitari, arrivassero qui in Italia, in questa meravigliosa terra che mi ha accolta. Non ce la faccio a pensare ai miei bambini tra le macerie della guerra. Sono persino andata in questura, mi sono rivolta a chiunque, non so più che fare. Chiedo aiuto”, ci racconta. La situazione che viene mostrata in televisione per lei è davvero sconfortante: “Sono un mucchio di menzogne quelle che raccontano i talebani – ha spiegato -. Loro non sono lì per aiutarci, per darci un futuro migliore, sono lì per fare violenza, uccidere, usare donne e bambine solo come oggetti o peggio. Libertà e diritti diventano parole sempre più lontane. Ipotizzare che le bambine possano andare a scuola? È una utopia”. “I talebani se la prendono soprattutto con le persone che hanno lavorato per lo Stato e con i più fragili: oggi ho visto l’ennesimo video sui social e, nella nostra lingua, motivavano di aver sparato a un uomo solo perché tra le mani aveva la bandiera afghana. Cancellano volto e memoria, ricordi e famiglia a colpi d’arma da fuoco”, vibrano di sofferenza le parole.
“Le case ormai sono distrutte, tanta gente è scappata, non c’è acqua e, tranne quella in bottiglia per dissetarsi, li non riescono a lavarsi da quasi un mese”. E prosegue: “Sono molto preoccupata per la mia terra, per la mia famiglia, per tutte quelle donne che non hanno la mia stessa possibilità di raccontare e parlare”, conclude socchiudendo gli occhi Rohela, quasi a voler cancellare un dramma incancellabile e tuttora in corso.