Gentili Lettori, riprende con il numero di Novembre
l’appuntamento mensile con la rubrica “La
parola alla difesa”, spazio giuridico del periodico “Da Bitonto” a servizio, non solo dei giuristi, ma soprattutto dei
cittadini della Città di Bitonto.
Resta saldo anche in questa nuova edizione della rubrica,
il cordone ombelicale che lega i nostri articoli con le notizie di cronaca che,
purtroppo, attanagliano la nostra città degli ulivi.
In questo mese, infatti, affronteremo un “ever green”
della truffa, più nota come “truffa
dello specchietto”, la quale si caratterizza per la predisposizioni di un
danno allo specchietto retrovisore di un veicolo, con successiva simulazione di
un sinistro stradale a danno di un ignaro automobilista, il quale si sentirà in
dovere di risarcire il presunto danno cagionato allo specchietto.
La truffa, annoverata in seno all’Art. 640 C.P.,
costituisce uno dei più classici delitti contro il patrimonio, il quale si
distingue dagli altri reati racchiusi nel medesimo libro del Codice Penale,
poiché l’ingiusto profitto con l’ altrui danno, è frutto dell’artificio o
raggiro con cui il soggetto agente induce in errore la persona offesa.
La truffa è un reato comune e pertanto l’autore può
essere qualunque cittadino che pone in essere tutte le condotte integranti il
ridetto delitto, il quale si caratterizza come una fattispecie a cooperazione
artificiosa: l’azione offensiva non si esaurisce con la sola condotta
dell’autore ma richiede la necessaria cooperazione (ignara) della vittima,
affinchè si concretizzi il danno patrimoniale e il contestuale ingiusto
profitto.
Appare opportuno evidenziare ai nostri lettori, che per
artificio si intende la manipolazione o trasfigurazione della realtà esterna
(provocata simulando ciò che non esiste), mentre per raggiro dovrà
necessariamente intendersi ogni avvolgimento subdolo della psiche umana, la
quale indurrà l’inconsapevole persona offesa a cooperare nel delitto di truffa
cagionando un danno patrimoniale per se stessa e un ingiusto profitto per
l’agente.
In riferimento alle modalità utilizzate nella “truffa
dello specchietto”, si evidenzia che il finto impatto spesso viene inscenato
dal truffatore di turno mediante il lancio di una pietra contro l’autovettura
della vittima, o molto più comunemente di una pallina da tennis, il cui impatto
provoca un rumore simile a quello derivante dall’urto dei due specchietti delle
due diverse autovetture.
Denunciare ogni singolo episodio risulta non solo utile
ad individuare un probabile truffatore, bensì consente agli Organi competenti
di prendere opportuni provvedimenti quando le denunce, contro uno stesso
soggetto, sono molteplici.
In siffatte ipotesi, pertanto, l’Autorità Giudiziaria ben
potrebbe procedere alla confisca
facoltativa del mezzo in caso di condanna, così come disposto ex Art. 240
co.I C.P..
La ridetta confisca, infatti, risulta legittimata ove si
dimostri il diretto carattere strumentale del veicolo oggetto del vincolo reale
in relazione al compimento del reato, e si possa formulare una prognosi sulla
pericolosità sociale derivante dal mantenimento del possesso e della
disponibilità della res da parte
dell’imputato (ex plurimis Cass.
9937/2000 Rv. 217376; Cass. 13298/2004 Rv. 227886;Cass. 24756/2007 Rv. 236973;
Cass. 9305/2011 Rv. 249762; CAss. 13049/2013 Rv. 254881; Cass. 21882/2014 Rv.
260001).
Alla luce di quanto appena esposto, pertanto, i
presupposti giuridici affinchè si possa disporre il sequestro (e la confisca
facoltativa) risultano i seguenti: che il bene giuridico dia servito a
perpetrare il reato e che fra l’asservimento del bene ed il reato, vi sia uno
stretto nesso strumentale non occasionale che rilevi un’altissima probabilità
di reiterazione della medesima condotta illecita, così come stabilito dalla
recentissima sentenza della Suprema Corte di Cassazione II Sezione Penale del 13-02-2015, n. 6373.
Altra questione che merita
un’analisi più approfondita, riguarda il momento consumativo della “truffa
dello specchietto” e delle questioni afferenti il tentativo, previsto ex Art.
56 C.P., che detta tipologia di reato implica.
La recente sentenza della
Corte di Legittimità II Sezione Penale del 06-11-2015, n.
44649, ha rimarcato quella che è la linea di demarcazione tra reato tentato e reato consumato, già delimitata dalle Sezioni
Unite (sentenza del 21.6.2000, ric. Franzo, rv 216429).
Le Sezioni Unite penali della Suprema Corte di
Cassazione, sulla scorta di risalenti elaborazioni giurisprudenziali in casi di
“truffa dello specchietto”, hanno affermato che la truffa è un reato istantaneo e di danno, che
si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da
parte dell’autore abbia fatto seguito la deminutio
patrimonii del soggetto passivo e la locupletatiodell’agente.
Ne consegue che qualora l’oggetto materiale del reato sia
costituito da denaro o titoli di credito, il momento della sua consumazione
sarà da individuarsi nel momento in cui si concretizza il vantaggio
patrimoniale e diviene definitiva la lesione del patrimonio della persona
offesa (SSUU n. 18 del 2000 rv 216429; n.
45836 del 2009 rv 245601; n. 5428 del 2010 rv).
Sicuramente la “truffa dello specchietto” costituisce una
delle truffe più insidiose e pericolose del nostro tempo e pertanto, l’unica
truffa che un comune cittadino è disposto ad accettare resta ancora, a
tutt’oggi, la vendita della Fontana di
Trevi da parte di un sublime Totò (al
secolo Antonio De Curtis) nel film “Totòtruffa ‘62”.