Michele Pazienza, più conosciuto con il nomignolo di Mechèile Sallèje, era un bitontino, vissuto tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, di professione bovalano, la cui arguzia e le cui battute salaci e mordenti sono state tramandate da generazioni di bitontini che vedevano in lui la più completa espressione del detto: Scarpa grossa e cervello fino.
Mechèile Sallèje e Peppenélle
Mechèile Sallèje aveva un’asina di nome Peppenélle (Giuseppina).
Un giorno Michele, mentre si ritirava dalla campagna, con un carretto stracarico di erba trainato da Peppenélle, prese la via che costeggia l’ex Convento di Santa Teresa.
Quella strada, all’epoca, non era asfaltata ed era molto pericolosa e scivolosa perché in forte pendenza.
La povera asina non ce la faceva a trainare il pesante carretto su per la salita e Michele brutalmente la frustava accompagnando il tutto con bestemmie e minacce.
Il Convento di Santa Teresa sin dalla metà dell’Ottocento è sede di una Scuola prestigiosa dove hanno insegnato e insegnano tuttora fior di professori.
Si dà il caso che alla scena di Michele, che frustava selvaggiamente la sua povera asina, quel giorno assistessero alcuni professori del Liceo. Costoro rimasero talmente impressionati negativamente dal comportamento del bovalano, che lo rimproverarono severamente, rivolgendogli queste parole: Michele, lascia stare quella povera bestia, cerca di essere più umano, non è modo di comportarsi con gli animali! Hai notato che non ce la fa a trainare il carretto, la strada è in salita, cerca di aiutarla!
Allora Michele, senza scomporsi, si avvicinò all’asina e le sussurrò in un orecchio, in modo da farsi sentire anche dai professori: E bràve a Peppenélle, nàn sapàive ca tenìve re parìnde prevessùre (E brava Peppenélle, non sapevo che avevi i parenti professori).