La faccenda si fa imbarazzante. Il
re dei social network è sempre meno regno delle giovani generazioni.
Poca privacy, troppe condivisioni e
il “rischio” sempre meno improbabile di ricevere richieste di amicizia da parte
di genitori, zii e addirittura nonni ed insegnanti che, come un esercito
impazzito, si riversano su Facebook, ammaliati dall’opportunità rivoluzionaria
di accorciare le distanze con figli, nipoti, studenti…
Sono proprio gli over 30 (e almeno
fino a 60) a tenere duro, a riscoprire una rinnovata giovinezza, a sentirsi
parte di questi fenomeni giovani (ma poco giovanili) che sono i social network.
Ma per loro, i presunti destinatari iniziali
di Facebook & Co., le prospettive non sono così interessanti.
Viene a mancare quel senso di
libertà, di zona franca, di riparo dagli sguardi e dai giudizi degli adulti che
costituiscono il marchio tipico dell’adolescenza.
Secondo un recente sondaggio
condotto dal Pew Research Center quello che i ragazzi non amano di Facebook è
l’eccessiva complessità, la fastidiosa presenza degli adulti, la connotazione
stressante (stressful “drama”), la mancanza totale di privacy o, quantomeno, la
difficoltà a gestirla.
Tuttavia l’abbandono è cauto, perché
esserci resta nel complesso una necessità di socializzazione, una dichiarazione
di identità. L’unica arma di difesa resta, allora, la severità nel gestire i
profili, sempre più chiusi, sempre meno condivisi.
Fabio, 17 anni, conferma questo
andamento: “Facebook è il social network
che uso di più…ma non condivido niente, aggiorno poco il mio stato, lo uso solo
per chattare”.
Questa tendenza non dev’essere
sfuggita a Zuckerberg e ai suoi “social media strategist”, che si sono
affrettati a lanciare la nuova messaggistica e altre funzioni orientate a
tenersi stretti i propri utenti.
Ma i ragazzi in fuga dove si
“riparano”?
Twitter ha conosciuto un rinnovato
interesse da parte degli adolescenti, senza tuttavia generare grandi numeri.
Le piattaforme che, invece, stanno
spalancando le porte ad un nutrito nugolo di giovani fuggitivi sembrano essere
Tumblr, SnapChat e Instagram, meno complesse da gestire, più immediate e
controllabili. Meriterebbe una più approfondita riflessione anche il fatto che
queste piattaforme in ascesa siano principalmente utilizzate per condividere
foto, disegni o brevi testi nel caso di Twitter. La rapida decrescita dei blog
o la disaffezione a Facebook, sembrerebbero, cioè, nascondere una sconcertante
tendenza verso il disimpegno verbale, la contrazione del linguaggio, la fuga
dalla scrittura.
Ma poiché in questa breve fotografia
del “fenomeno Facebook” vogliamo principalmente dare voce alle esigenze, ai
disagi, e agli interessi dei ragazzi, resta solo da chiedersi quanto questi
riusciranno a difendere i nuovi spazi conquistati, prima che mamma e papà si accorgano di essere
rimasti nuovamente isolati in una “piazza” di attempati digitali e si affrettino a rincorrere più fresche tendenze giovanili.
BIBLIOGRAFIA SUGGERITA:
– Se mi
lasci su Facebook non vale – Emma Garcia / Piemme
– Facebook
in the rain – Paola Mastrocola / Guanda