E’ stata ancora una volta la domenica di Jannik Sinner che ha bissato, a distanza di un anno, il trionfo agli Australian Open, annichilendo il malcapitato Alexander Zverev con il più classico cappotto, 3 set a zero.
Mentre nella scorsa edizione il tennista nostrano vinceva in rimonta contro Medvedev una partita che sembrava persa, quest’anno non c’è stato scampo per alcuno dei suoi avversari. “Non è umano” , tra i commenti più diffusi, “è in un universo parallelo rispetto a qualsiasi altro giocatore”, chiosa il suo avversario al termine della finale, “a 23 anni è più saggio di noi” dicono i suoi allenatori.
E’ il nostro eroe nazionale, Jannik, d’altronde i suoi meriti vanno oltre il campo da gioco, se è vero che ha rivitalizzato il movimento tennistico nazionale e quello sportivo in generale, modello ed esempio per migliaia di ragazzi, che in lui vedono una straordinaria combinazione di fama e successo con il culto del lavoro, del sacrificio, della dura applicazione, della semplicità e modestia.
D’altronde, il tennis lo sappiamo, è uno sport duro, travolgente, ipnotico, entusiasmante, crudele, che sconvolge le emozioni, mette a dura prova la tenuta mentale dei giocatori e offre al pubblico uno spettacolo dove gli scambi sono solo una piccola parte dello show. Pete Sampras si esprimeva sulla crudeltà del tennis in questi termini: “E’ uno contro uno là fuori, non c’è modo di nascondersi, non c’è nessuno a cui passare la palla”.
Andre Agassi diceva che i cardini della nostra esistenza sono sintetizzati nelle 5 parole chiave che governano il tennis: advantage, service, fault, break, love, rispettivamente vantaggio, servizio, colpa, rottura, amore.
Sono gli ingredienti che permettono alla nostra esistenza di diventare più bella o complicata, a seconda delle scelte che ciascuno di noi fa in campo o fuori dal campo.
Il tennis è uno spettacolo dell’anima grazie a tutto quello che riesce ad innescare nella testa dello spettatore: cadute, riprese, resilienza, disciplina, carattere, strategia, intuizioni, rispetto per le regole e amore per la sostanza, ma anche per la forma.
La finale degli Australian Open ci ha ricordato che nel tennis saper vincere con stile e saper perdere con classe sono facce simmetriche della stessa medaglia. Nel tennis, come nella vita, la sostanza conta, il risultato pure, ma c’è un momento in cui i contendenti dovranno fare i conti con una prova ulteriore rispetto a quella del campo, la capacità di mostrare al pubblico la propria abilità nel gestire l’emozione di una vittoria e la delusione di una sconfitta. E così è stato, lo vediamo dalla foto del loro abbraccio finale, potente immagine, simbolo del torneo, con Zverev che in lacrime gli dice “Speravo di competere, ma sei troppo forte” e poi ancora “In questo momento la sua superiorità nei miei confronti è evidente….oggi non sono stato all’altezza, ma farò il possibile per riuscire un giorno a competere con lui e vincere il mio primo Slam”.
Ergo, onore al vincitore, sed gloria victis (ma anche gloria ai vinti).
(rubrica a cura di Gaetano Tufariello – immagine freepick.com )