Sin dagli albori della storia umana tutti si interrogano, si soffermano, riflettono sul senso della vita: liberi pensatori, filosofi, la gente comune. Si sprecano fiumi di parole, trattati, indagano le varie religioni, per poi tornare all’interrogativo di partenza senza una chiara risposta.
Un contributo importante alla comprensione dell’esistenza ci viene fornito da un filosofo della Università di Miami nel suo bel libro “Filosofia del cane”.
Lo studioso esplora il senso della vita attraverso l’esperienza diretta e la prospettiva dei quattrozampe, in particolare del suo Pastore tedesco Shadow.
L’idea centrale è che i cani, vivendo senza interrogarsi, hanno un accesso più diretto alla felicità e al senso dell’esistenza. Dunque, la vita non riflettuta, non analizzata è quella degna di essere vissuta.
Il loro comportamento istintivo ed appassionato, che scova la felicità nelle minuzie, è la chiave di lettura di una esistenza autentica e priva di nevrosi tipiche degli umani.
Mentre gli uomini, a causa della loro coscienza, vivono la frattura tra l’azione e la riflessione, che genera insicurezza ed alienazione, i cani invece, non avendo questa dualità, non riflettono, vivono e basta. Questo spiega il perché i quattrozampe trovano una fonte di gioia anche nella routine quotidiana, nella ripetizione delle stesse operazioni, nel caso di Shadow, correre ogni mattina lungo il canale per scacciare le iguane. Per loro ogni azione, pur reiterata, è un nuovo inizio, mai un peso.
Anche il rapporto dei cani col tempo può insegnarci molto: mentre noi umani viviamo intrappolati tra passato e futuro, i cani vivono un eterno presente, non pensando affatto a quello che hanno fatto il giorno prima o che faranno il giorno dopo.
I cani ci insegnano che vivere con semplicità ed entusiasmo è sufficiente a dare un senso all’esistenza. Non cercano risposte, perché ciò che li ispira è l’amore per la vita e l’azione.
Ma la riflessione più bella del libro è quella concernente il rapporto dei cani col fine vita. La morte non li spaventa, perché continuano a vivere intensamente fino all’ultimo istante. In questo sono in netto vantaggio rispetto agli uomini, perennemente scissi in due dalla riflessione, tra la vita che vivono e quella che esaminano e giudicano. Dai cani possiamo imparare ad accettare la mortalità, a condizione di vivere la vita come loro, con tutto noi stessi, perché non abbiamo altro, perché è il bene più prezioso, a condizione di viverla come attori, non spettatori. “Ed è per questo – afferma l’autore – che nella vita di Shadow c’è più senso che nella mia”.