Cari lettori, ben ritrovati e buon anno, da oggi riprende la nostra
rubrica e insieme affronteremo nuove tematiche psicologiche che spero possano
servire per conoscere problematiche presenti nel contesto quotidiano.
Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, o ADHD, è un disturbo
evolutivo dell’autocontrollo. Esso include difficoltà di attenzione e
concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività. Questi
problemi derivano sostanzialmente dall’incapacità del bambino di regolare il
proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da
raggiungere e delle richieste dell’ambiente. E’ bene precisare che l’ADHD non è
una normale fase di crescita che ogni bambino deve superare, non è nemmeno il
risultato di una disciplina educativa inefficace, e tanto meno non è un
problema dovuto alla «cattiveria» del bambino.
Diagnosi:
la sindrome può essere classificata in tre forme diverse:
- una classica, caratterizzata da iperattività, impulsività e
disturbo d’attenzione; - una meno frequente e più difficile da riconoscere in cui compare solo
il deficit di attenzione (presente soprattutto nelle femmine); - e una terza, caratterizzata da prevalente iperattività e
impulsività
La disattenzione, l’iperattività e l’impulsività sono
comunemente noti come i sintomi chiave di questa sindrome. Essi devono essere
presenti per almeno 6 mesi ed aver fatto la loro comparsa prima dell’età di 7
anni.
Innanzitutto è necessario scoprire se il bambino, abbia veramente un
Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) oppure se sia
semplicemente irrequieto e con la testa tra le nuvole. Nessuna persona, che non
sia uno specialista (ad esempio, uno psicologo o un neuropsichiatra infantile),
si deve sentire autorizzata a decidere se quel bambino presenta o meno un ADHD.
L’ADHD è un vero disagio, per l’individuo stesso, per la
famiglia e per la scuola, e spesso rappresenta un ostacolo nel
conseguimento degli obiettivi personali. E’ un problema che genera sconforto e
stress nei genitori e negli insegnanti i quali si trovano impreparati nella
gestione del comportamento del bambino.
In realtà questi
bambini non hanno nessuna colpa, né tanto meno i loro genitori che invece
vengono spesso additati come incapaci a svolgere bene il proprio ruolo di
educatori. Se il bambino risponde ad una serie di criteri clinici ben definiti
dal mondo scientifico la loro è una vera patologia organica e come tale
meritevole di una precisa terapia. Solo con l’ausilio di una giusta terapia i
bambini cambieranno radicalmente il loro modo di vivere e tutti, genitori,
insegnati, compagni ma soprattutto il bambino, potranno finalmente cogliere la
bellezza di una vita “normale”. Per qualsiasi dubbio o un eventuale
approfondimento contattatemi su rubriche@dabitonto.com