A scriverci all’indirizzo rubriche@dabitonto.it,
questa settimana, è la sig.ra Maria V., proprietaria pro-indiviso di un
immobile sito nel Comune di Bitonto. Mi chiede chiarimenti in ordine allo
scioglimento della comunione dell’immobile de quo. Titolare del diritto
di proprietà su di un bene può essere non solo un soggetto ma anche più
soggetti. In quest’ultimo caso ci troviamo di fronte alla fattispecie della
cosiddetta comunione, ovvero la contemporanea titolarità del diritto di
proprietà (o anche di altro diritto reale). Il tema a noi caro è quello però
relativo allo scioglimento della comunione. Quindi senza perderci in lunghe
disquisizioni dottrinali passiamo all’esame concreto della problematica posta
alla nostra attenzione dalla sig.ra Maria V. Primo passo per procedere allo
scioglimento della comunione è la divisione. A tal proposito, l’art. 1111 del
codice civile prevede che “ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo
scioglimento della comunione”. Una attenta lettura della norma menzionata
apre uno scenario “apocalittico” per gli altri comunisti (ossia gli altri
titolari del diritto di proprietà) rispetto alla scelta di chi voglia procedere
alla divisione. Infatti i titolari del diritto di proprietà non possono far
altro che subire la decisione assunta dall’altra parte. Però per sfuggire ad
una situazione anomala di scioglimento della comunione subito dopo la
costituzione della medesima le parti potrebbero pattuire di rimanere in
comunione per un tempo determinato. Tale accordo, tuttavia, non può avere una
durata superiore a dieci anni ed in caso di pattuizione di un termine maggiore,
questo comunque si riduce a dieci anni. Alla divisione della comunione si può
procedere mediante un contratto di divisione che quindi presuppone un
accordo tra tutte le parti. In mancanza di accordo sulle modalità della
medesima divisione giudizialmente ovvero mediante l’intervento del giudice. La
divisione, sia nell’uno che nell’altro caso, ha luogo in natura solo ed
esclusivamente nel caso in cui l’oggetto della stessa sia comodamente
divisibile in parti nel rispetto delle quote dei singoli comunisti. Nel caso in
cui il bene e’ indivisibile si procederà alla vendita del bene con relativa
ripartizione del ricavato. La ipotetica e/o concreta divisibilità del bene non
deve comunque pregiudicare il valore economico del medesimo. Costante
giurisprudenza ha posto in evidenzia come non può procedersi alla
divisione in natura nel momento in cui quest’ultima incida sull’originaria
destinazione del bene. In particolare tale procedimento può attuarsi solo
qualora non comporti problemi tecnici di rilevanza economica, fermo restando il
principio dell’autonomo godimento delle singole quote. ed infine la stessa
suprema corte ha posto l’accento sulla necessarietà che la divisione non
comporti un deprezzamento alquanto sensibile del valore delle singole quote in
rapporto al valore dell’intero bene.
La sig.ra Maria V.,
pertanto, dovrebbe solo decidere quando iniziare l’intera procedura previa
verifica della agevole divisibilità dell’immobile e previo accordo tra le parti
in ordine all’attribuzione delle quote.
Avv. Francesco Raso