Si è spento lunedì,
alla veneranda età di 94 anni, Giulio
Andreotti. Con lui se ne è andato uno degli ultimi padri costituenti ancora
in vita, dopo la morte di Teresa Mattei, nel marzo scorso. Di quell’assemblea
che, nel lontano 1947, diede vita alla carta costituzionale ora rimane
solamente Emilio Colombo.
Da sempre impegnato
in politica, Andreotti è stato un personaggio molto discusso. A lui si
attribuiscono luci, ma anche molte, moltissime
ombre, riguardanti gli eventi più misteriosi della storia repubblicana italiana.
E mentre gran parte del mondo politico gli ha reso omaggio, non sono mancati
pesantissimi giudizi negativi sulla sua figura e sulla sua storia piena di
misteri.
Ma come era nella
vita reale il “divo”, come ebbe a
ribattezzarlo il regista Paolo Sorrentino nel suo omonimo film, basandosi su
uno dei tanti soprannomi? Lo abbiamo chiesto all’ex senatore ed
europarlamentare Giovanni Procacci,
che nella sua lunga carriera politica ha avuto modo di conoscerlo di persona e
di ospitarlo a Bitonto nel 2008, in
occasione del sessantesimo anniversario dell’entrata in vigore della
Costituzione. Una visita di cui Andreotti si disse molto contento, stando a
quanto raccontato da Procacci.
«E’ un uomo che ha
diviso l’Italia. Su di lui si sono scritte migliaia di pagine – introduce Procacci ai nostri
taccuini – C’è chi ne parla come il
politico perfetto e chi lo descrive come Belzebù. Ma le sentenze della
magistratura vanno accettate nel bene e nel male. Gli va dato il merito di
essersi difeso nei processi, e non dai processi, come invece hanno fatti altri.
Il giudizio politico è ben altra cosa. Io stesso talvolta non ho condiviso la
sua linea. Certo, essendo stato per
tanti anni ministro degli esteri, era a conoscenza di molti misteri».
E sulla persona di Andreotti aggiunge: «E’ sempre stato molto arguto, ma anche
molto presente, finché la sua salute gliel’ha permesso. Ha sempre voluto mantenere la sua indipendenza durante gli anni da
senatore a vita, valutando provvedimento per provvedimento, persino durante
gli anni del fragile governo Prodi, che si reggeva grazie all’apporto dei
senatori a vita. Pur essendo molto legato all’ambiente ecclesiastico ha assunto
posizioni molto laiche. Segno, quest’ultimo della sua provenienza dalla scuola
di De Gasperi. Del resto la sua indipendenza è dimostrata dall’essere stato uno
dei primi sostenitori dell’apertura al mondo arabo e alla causa palestinese e
dall’aver ricoperto per primo la carica di primo ministro in un governo
appoggiato anche dal Pci, durante gli anni del compromesso storico».