Si
diceva un tempo che senza memoria non c’è futuro. In effetti senza memoria lo
sguardo s’inchina fino a terra suggestionato da un presente così piccolo da
risultare quasi invisibile. Senza memoria la nostra generazione è rimasta
prigioniera del passato, senza uscire dai guai nei quali ci eravamo cacciati
ovvero nei quali qualche sprovveduto ci aveva cacciati per una sua smisurata
mania di grandezza.
La Seconda
Repubblica frutto di una rivoluzione togata ha voluto soffocare la prima, ma ha
finito per replicarla in peggio, bruciando vent’anni della nostra vita e di una
intera generazione, mostrandosi più attenta alla sopravvivenza che alla
“reformatio in melius”.
Senza
memoria non ci siamo nemmeno resi conto che in questi venti anni tutto il mondo
è cambiato e che noi siamo rimasti fermi a venti anni fa, a come eravamo.
Ai
denigratori dico che se è vero che il debito pubblico è stato creato dalla
Prima Repubblica, è anche vero che con la Seconda è cresciuto a dismisura, con
una differenza: negli anni ’80 si faceva il debito, ma c’erano sviluppo ed
occupazione che servivano ad estinguerlo, mentre negli ultimi venti anni
all’incremento del debito si accompagnano stagnazione e recessione.
Tanto è
vero che il tenore medio di vita degli italiani in venti anni anziché crescere
è crollato paurosamente, senza dire che la corruzione pubblica ha assorbito ed
assorbe gran parte delle risorse della Nazione, che oggi purtroppo si basano
prevalentemente su produzioni e beni creati negli anni ’80.
Con la Seconda
Repubblica la partitocrazia ha subito un’enorme trasformazione ed è giunta ad
esiti oserei dire grotteschi.
Infatti,
i partiti, completamente svuotati di ideali e di partecipazione si sono
trasformati in club e comitati elettorali al servizio di un capo o di una
oligarchia.
Il
criterio elettivo dei vertici poi è stato completamente rovesciato, perché non
è più il popolo ad eleggere i propri rappresentanti ma sono i capi partiti a
nominarli, dopo averli scelti tra amici, parenti ed affini. Agli elettori non
rimane altro che ratificare ovvero disertare le urne. Ma non basta!
È vero
che un tempo si rubava, ma per il partito, oggi invece si ruba dal partito.
Con la Seconda
Repubblica è accaduto che i segretari amministrativi si sono appropriati dei
finanziamenti pubblici, trasferendoli su propri conti correnti. L’unica e
grande novità della Seconda Repubblica è stata il crollo dei consensi che ha
fatto degli astensionisti il primo partito e dei contestatori populisti il
nuovo catalizzatore di voti.
In buona
sostanza il 50% dei cittadini si astiene dal voto oppure vota contro il
sistema, preferendo, per la rabbia, alla speranza di un cambiamento una involuzione
culturale e politica, con un conseguente imbarbarimento delle istituzioni.
Molti
fanno finta di non ricordare che siamo in piena decadenza morale e politica, ma
tutti continuano a somministrare cure palliative ad una nazione moribonda. Mai
la politica è stata tanto populista e demagogica a destra e tanto conservatrice
a sinistra. Siamo in pieno paradosso. I nostri eroi invece di privilegiare gli
investimenti hanno scelto la tecnica del salasso fiscale, dimenticando che se
finisce il sangue avranno solo cadaveri. Oggi non vi sono più buoni medici, ma
ottimi salassatori.
Mai la
politica e l’economia sono stati così distanti dai problemi della gente.
Ed
allora cosa fare?
Ogni
tentativo di far rivivere il passato sulla base della memoria storica è stato
un fallimento, la rifondazione dei partiti tradizionali è stata un fallimento, il
passato è stato completamente annientato. È vero che il vecchio sistema si
stava avvitando su se stesso, ma è anche vero che in buona misura era ancora
funzionante. Era opportuno solo qualche piccolo correttivo e non già l’abbattimento
dell’intero palazzo.
Ormai,
il desiderio di ritornare all’antico, a chi eravamo ed a come si viveva un
tempo, è diventato illusione. Ritengo che nessun’altra generazione più della
nostra abbia avvertito questa sensazione che con il passare del tempo è
diventata certezza.
Nei 20
anni si sono succeduti ed alternati megalomani, ciarlatani, incantatori di
serpenti e nuovi barbari ma la economia è sempre andata di male in peggio.
Dobbiamo
quindi arrenderci alle oligarchie dei tecnici, dei professori e dei commissari
di turno che non sanno fare altro che inventarsi nuove tasse?
Ritengo
proprio di no!
I brutti
tempi della rivoluzione, per nostra fortuna, sono passati e della sua malvagità
forse negli annali della politica resterà solo un’ombra unitamente a quella di
quei cosiddetti portatori di borse o tromboni della 5° fila che avevano
ereditato partiti storici nei quali non erano degni nemmeno di fare i lacchè.
Si
impone quindi un serio ritorno alla politica vera, a quella politica che non
deve essere un mestiere come gli altri e dove il politico non deve essere uno
sprovveduto come se ne vedono tanti oggi in Parlamento, ma deve essere uno
specialista in questioni generali, qualcuno che sappia ascoltare e farsi
ascoltare, manifestando il proprio pensiero ed individuando il bene comune e la
scelta migliore nello specifico periodo storico. Deve mettersi continuamente in
discussione e spronare gli altri a fare lo stesso e deve continuare ad imparare
per tutta la vita.
Si deve
cambiare, ed è compito della nuova generazione dei politici, quello di formare
una nuova classe dirigente che lasci al palo tutti quei cialtroni e narcisisti
per far rinascere una nuova coscienza del paese. Per affrontare questo sforzo
immane, è indispensabile mobilitare tutte le risorse dell’innovazione,
attingendo dalle vere democrazie ossia da quelle che in tutto il mondo creano
uomini politici, movimenti, governi, meritocrazia, competenza e dinamismo
sociale.
In buona
sostanza bisogna ridare alla Nazione un’anima, strappata dalla brutalità del
tempo e dalla incuria della gente ed allontanare dal potere tutti coloro che
hanno per vent’anni continuato a fare gli allibratori senza mai dire al popolo
la verità ossia che purtroppo i partiti tradizionali avevano perso i loro
uomini migliori e che ogni speranza di un ritorno al passato era tramontata e
che il futuro non poteva più attendere.
Bisogna
avere il coraggio di dire una volta per sempre basta alle sirene ideologiche,
utilizzate per meschini scopi e volare alto con rinnovato vigore, per superare
tutti gli steccati che molti ancora utilizzano per coltivare il proprio
orticello ormai rinsecchito.
La gente
deve quindi stringersi intorno a uomini volenterosi e soprattutto ONESTI che
credono ancora nel bene comune e nella politica di mazziniana memoria: “la
politica è missione!”
Negli
ultimi 20 anni è stata custodita gelosamente solo la speranza di un cambiamento
e finalmente ora è giunto il momento di affidare alle nuove generazioni il
compito di organizzare il futuro e la crescita del nostro Paese. Tutto il resto
è oppio e fumo negli occhi.