«I’d sit alone and watch your light (Mi sedevo da solo e guardavo la tua luce)
My only friend through teenage nights (La mia unica amica nelle notti dell’adolescenza)
And everything I had to know (E tutto ciò che dovevo sapere)
I heard it on my radio (lo ascoltavo alla mia radio)».
Cantarono così, nell’84, i Queen in Radio Ga Ga, brano sul periodo d’oro della radio e su quello che, per lungo tempo, era stato il suo ruolo egemone, prima della diffusione di massa della tv e di Mtv, che ruppe l’esclusività dell’intrattenimento musicale.
Inventata a inizio ‘900, la radio iniziò a diffondersi negli anni ’20. Nel ’24 ci fu il primo annuncio radiofonico italiano. Da allora fu lo Stato ad essere il solo detentore delle frequenze. Per le radio private non c’era spazio. Fu mezzo di propaganda, di informazione. Ospitò i primi spot pubblicitari, le prime radiocronache sportive. Raccontò la guerra, ospitò i primi canali di informazione, di intrattenimento e di musica, le prime edizioni del Festival di Sanremo e il suo pubblico crebbe sempre più, nonostante l’avvento della tv già negli anni ’50. Crebbe e fu anche veicolo delle contestazioni degli anni ’60 e ’70, attraverso nuovi generi musicali e nuove emittenti, che iniziarono a trasmettere clandestinamente: le cosiddette “radio libere”, sottratte, cioè, a quel monopolio statale rimasto, in Italia, fino alla rivoluzione del 1976, quando la sentenza 202 della Corte Costituzionale dichiarò «l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 45 della legge 14 aprile 1975, n.103 (nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva) nella parte in cui non sono consentiti, previa autorizzazione statale, l’installazione e l’esercizio di impianti di diffusione radiofonica e televisiva via etere di portata non eccedente l’ambito locale».
Sentenza che sancì la libertà, per radio e tv private, di trasmettere e diede il via al moltiplicarsi di nuove emittenti locali che approfittarono di una vacatio normativa, e, spesso, con pochi mezzi economici, poche risorse, contribuirono a dar voce alle nuove istanze di quel decennio, alle rivendicazioni giovanili, alle passioni politiche, alla voglia di nuovi spazi di confronto e di aggregazione, rivoluzionando anche il giornalismo locale e il modo di comunicare la cronaca, la politica, la cultura e lo sport. Tantissime radio sorsero in tutta Italia. E anche la nostra città vide nascere tanti piccoli e grandi avamposti di entusiasmo, libertà e impegno.
La prima emittente nostrana fu Radio Bitonto. Nacque a novembre ’76 ed era una radio a piccolo raggio. Si interessò principalmente di intrattenimento musicale. Ma quell’esperienza non durò molto, perché, già a febbraio ’77 aprì Radio Città Bitonto, la prima grande emittente cittadina, da cui, poi, sorsero le altre principali radio bitontine. Tra i fondatori, Michele Giammarelli ricorda bene quell’esperienza di grande successo: «Trasmettevamo sulla frequenza 104. Facevamo dediche, programmi di informazione libera, spot elettorali, dibattiti, discussioni, ospitando anche politici del calibro di Vito Rosa, Gaetano Scamarcio e tanti altri, ma senza mai dare un indirizzo politico ai nostri contenuti. Abbiamo fatto battaglie come quella per l’ospedale. Seguivamo partite di calcio in diretta e, in occasione dell’anniversario della morte di Nicola Rossiello e del primo trofeo a lui dedicato, intervistammo anche Gigi Riva».
«Fu una rivoluzione – continua Giammarelli – Eravamo seguiti, c’erano telefonate in diretta. L’indice di ascolto era altissimo. Era una radio popolare principalmente dedita all’intrattenimento. Eravamo molto ascoltati nei laboratori. Certo, tutto ciò necessitava di un impegno grande, sia per organizzare il palinsesto che per trovare le pubblicità per finanziarci. Ma fu un successo tale da invogliare anche altri ad avviare esperienze simili».
Tra i collaboratori più attivi di Radio Città Bitonto ci fu il giornalista Nicola Lavacca, che l’episodio di Gigi Riva lo ricorda benissimo, essendo stato lui a farlo giungere in città. Era l’aprile del 1978: «Con Radio Città Bitonto seguivo consigli comunali, facevo interviste. Ci inventammo notiziari, dirette radiofoniche, radiocronache, non solo del Bitonto Calcio, ma anche di altri avvenimenti sportivi e non (ad esempio, la mitica squadra femminile bitontina di pallavolo). È indimenticabile la mia intervista durante il Trofeo Nicola Rossiello al grande Gigi Riva, campione del Cagliari scudettato e della Nazionale».
Attenzione all’intrattenimento, anche attraverso l’ideazione di tante trasmissioni a quiz, come sottolinea Lavacca che lavorò anche per una delle radio che sorsero dall’esperienza di Radio Città Bitonto: Radio One, fondata nel ‘78, tra gli altri, da Nicolangelo Persia e alcuni ex collaboratori della radio di Giammarelli e attiva ancora oggi, con una programmazione incentrata sulla musica rock.
Qui, tra i collaboratori, ci fu Nicola Germano: «Mentre Radio Città Bitonto era più generalista, noi preferivamo musica più di nicchia e cantautorato. A noi non chiamavano per le dediche. Almeno inizialmente Organizzammo programmi culturali tenuti da Michele Giorgio e Valentino Losito, programmi ironici, facevamo dirette delle partite del Bitonto e seguivamo anche le trasferte. Avevamo una vera e propria testata giornalistica a cui collaboravano Losito, Piero Ricci, Vincenzo Abbatantuono. C’era informazione politica durante le campagne elettorali, ma per il resto non facevamo programmi politici. Con Radio One ho avuto modo di intervistare Vasco Rossi e Claudio Baglioni a Bari. Ci confrontavamo con le grandi radio».
Sempre da collaboratori di Radio Città Bitonto, nacque, nell’82, Radio Charly, fondata, tra gli altri, da Michele Moretti e attiva per una ventina di anni. Anche qui, tra i collaboratori, ci fu Lavacca, che ricorda le trasmissioni e le dirette «in virtù del grande rapporto di amicizia e di stima con Michele Moretti, con Michele Quarto. Facevamo una sorta di “Tutto il calcio minuto per minuto”, con, in studio, Valentino Losito. Ma c’erano anche Franco Matera, Franco Mastromarino sul Bari ed altri».
«Le radiocronache dal campo le facevo in un gabbiotto sgangherato, di fortuna, sopra i vecchi spogliatoi, un metro per un metro, con una copertura in lamiera pericolante. Si usava il mitico baracchino dei radioamatori. Dovevi tenere sempre spinta la levetta di uno pseudo microfono portatile. Tipo quello dei camionisti quando comunicavano tra di loro. Gli studi della radio erano insonorizzati con i contenitori delle uova. Poi qualcuno cominciò ad acquistare quelli standard» ricorda il giornalista.
«Ma non c’era solamente lo sport» conclude, ricordando la lunga diretta fatta da Radio Charly, in occasione della visita a Bitonto di Papa Giovanni Paolo II venne a Bitonto, il 26 febbraio 1984.
«La nostra era una radio completa. Trasmettevamo musica di ogni tipo, facevamo dibattiti in continuazione, avevamo un programma sportivo, una volta a settimana e seguivamo il Bitonto anche in trasferta. Radio Charly si occupava anche di politica», aggiunge Moretti, ricordando le interviste agli amministratori locali fatte una volta a settimana, e le dirette dei consigli comunali: «C’era molto entusiasmo, ma anche, purtroppo, molta rivalità tra i ragazzi che si impegnarono nelle varie radio».
Sempre a fine anni ’70, come prosieguo dell’esperienza di Radio Bitonto, nacque Radio Ulivo, che visse fino al decennio successivo. Aveva una programmazione interessata sempre a musica, spettacoli e sport.
«Era una radio generalista e trasmetteva musica popolare. Io ero l’unico che facevo musica un po’ più particolare» è il ricordo di Agostino Abbaticchio che, su quella frequenza, conduceva, su incarico di Gino Saracino, il sabato sera, una trasmissione musicale: «Era tutto molto bello. Le radio erano punti di aggregazione, si creavano fan di una o dell’altra radio. In occasione di feste in casa, mettevamo musica su richiesta. Organizzavamo festival con premi e sponsor».
Festival come, ad esempio, “Antenna d’oro”, iniziativa canora nata negli anni ’80
Poca informazione, per lo più notizie generali sui principali eventi cittadini, ma si seguiva lo sport, come raccontò, in un’intervista rilasciata a Bitontolive a maggio 2020, Daniele Verriello, ex calciatore, poi collaboratore della radio: «La domenica seguivano live dai campi le gesta dei neroverdi del Bitonto, intervenendo in diretta durante la trasmissione. Il lunedì seguente poi dedicavamo un ampio spazio a tutti i campionati dalla A fino al dilettantismo e mandavamo in onda anche le interviste che effettuavamo nei vari post gara negli spogliatoi».
Queste, ovviamente, furono le radio principali, a cui si affiancarono anche altre realtà più piccole, sempre grazie all’entusiasmo di ragazzi che, in quel mezzo di comunicazione, videro un modo nuovo per esprimersi, per far sentire la propria voce.
A Palombaio, lo spirito di intraprendenza di alcuni ragazzi diede vita a “Radio Frazione 1“. La ricorda bene Dinuccio Lonardelli: «La radio si poteva ascoltare fino ad una distanza di 8 km. Per realizzare questo progetto bastava una frequenza libera, un amplificatore, un’antenna, un mixer, un microfono, alcune cuffie, un giradischi, un registratore a bobine, tanti dischi e regolari autorizzazioni di legge. Era l’estate del ‘78».
Il palinsesto, ricorda Lonardelli, comprendeva la cronaca cittadina, dediche di onomastici, anniversari, compleanni con tanta musica di vario genere e stile, letture di poesie, di favole per bambini, il quotidiano bollettino meteo molto colorito e scherzoso, avvisi di interesse comune ed altro: «Era un’iniziativa senza alcun interesse economico o di altro genere, e che riscosse parecchi apprezzamenti, perchè i programmi erano gradevoli, seri, scherzosi. Ti tenevano compagnia per gran parte della giornata. Chi era impegnato in questa avventura, non solo lavorava gratuitamente, ma contribuiva a pagare di tasca propria i costi fissi della radio, la manutenzione, le attrezzature e altro. Molti furono i giovani palmaristi che si avvicendarono a turno nelle trasmissioni in qualità di tecnici, inviati, giornalisti, e soprattutto dj. La radio trasmise per qualche anno, poi, come per tutte le straordinarie iniziative “nostrane”, un bel giorno il segnale si ammutolì».
A Mariotto, invece, sorse Radio Mariotto Centrale, attiva dall’ottobre ’78 ai primi mesi dell’81, grazie ad alcuni ragazzi della frazione, tra cui i tre fondatori Paolo Dellorusso, Valentino Pasculli e Raffaele Barile.
«Facevamo informazione con un radiogiornale quotidiano, interviste e talk con personaggi mariottani, principalmente sui problemi locali, con contenuti politici molto relativi, senza schierarci – ricorda Dellorusso – Il nostro palinsesto era dedicato all’intrattenimento musicale, con musica di ogni tipo e programmi anche notturni, con l’obiettivo di essere di compagnia ai nostri ascoltatori e specialmente a chi non aveva tante altre occasioni di svago. E organizzavamo molto eventi. Tra i sostenitori più attivi c’erano il parroco don Luigi Quacquarelli, che ci ospitò nei locali della parrocchia e ci fece installare l’antenna sul campanile, e Peppino Longo, che nel suo radiogiornale trattava temi politici».
Nell’82, nacque, inoltre, Radio Annuncio, una radio di ispirazione cristiana, creata da un gruppo di ragazzi. Ne diede notizia il “da Bitonto”, all’epoca appena nato e al suo secondo numero (maggio ‘83): «L’idea era vecchia ma le disponibilità erano poche. Ad ottobre il gruppo si è costituito e ha organizzato dei concerti per acquistare le apparecchiature necessarie. Finalmente, il 6 dicembre, Monsignor Domenico Padovano ha benedetto e inaugurato la sede».
L’obiettivo era «dare una testimonianza cristiana nella realtà sociale-culturale di Bitonto». Dalla sua sede nella chiesa di Santa Caterina di Alessandria (è ancora visibile la targa in marmo), Radio Annuncio trasmetteva contenuti a sfondo cristiano. Era autofinanziata e il presidente era Giuseppe Piacente.
Questa grande diffusione di radio grandi e piccole fu agevolata, oltre che dalla sentenza del ’76, anche dall’assenza di una normativa che disciplinasse il fenomeno. Assenza che permetteva a ragazzi con pochissime risorse di mettere su una piccola emittente. Tutto ciò durò dalla fine degli anni ’70 al ‘90, quando la legge Mammì impose una regolamentazione che, pretendendo limiti da rispettare, in campo economico, pubblicitario, redazionale e imprenditoriale, aumentando le difficoltà, anche perché, proprio a causa dei nuovi requisiti, le frequenze iniziarono a costare molto di più. E, dunque, soprattutto le realtà più piccole dovettero soccombere. Non senza, però, lasciare la loro eredità, nella politica locale, nella comunicazione e nell’informazione. Le radio cittadine, infatti, furono anche scuole di giornalismo.
«Ho fatto tantissima radio. Tutti i giorni, ore e ore. Senza copia/incolla. Non c’era Internet, solo giornali, buona volontà, passione e probabilmente senso del mestiere e della notizia – conclude Nicola Lavacca – Da lì è partita la mia carriera professionale e la mia esperienza. Allora i primi avamposti del giornalismo radiofonico erano costruiti sulla propria pelle, come è accaduto a me che ho imparato il “mestiere” praticamente da solo, grazie alla mia passione, alle cose apprese attraverso giornali, dispense culturali e didattiche. Fu un’esperienza diretta sul campo dell’informazione. Non c’erano direttori o presunti tali iscritti all’Ordine. Ognuno di noi, ed io in particolare, che sono stato per alcuni anni il primo e l’unico, ha fatto di necessità virtù, erudendosi per conto proprio».