I partiti ambientalisti furono tra i primi e tra i più importanti esempi di partiti monotematici che, tra gli anni ’70 e gli anni ’80, scesero in campo sfidando i tradizionali partiti di massa. Ma non furono certamente gli unici. Tante altre sigle nacquero. Sigle che si presentavano in politica e basavano la propria attività su un unico tema o, comunque, su argomenti limitati. Ponendosi in maniera trasversale a destra e sinistra o coalizzandosi talvolta con una coalizione, talvolta con l’altra, a seconda della sensibilità mostrata su quelle istanze. E spesso criticando il sistema dei partiti accosandolo di mostrare scarso interesse sulle tematiche a loro care.
Insieme agli ambientalisti, l’altra grande categoria di partiti monotematici fu quella delle forze autonomiste, che non era certo nuova, ma che in quegli anni ricevette dalla crisi dei partiti storici una nuova spinta propulsiva. Ma tralasciamo, per il momento, la galassia dei partiti regionalisti e autonomisti e concentriamoci su tutti gli altri esempi di partiti monotematici. Partiti piccoli, dalla forza politica ridottissima, irrilevante. Raramente in grado di conquistarsi seggi nelle assemblee nazionali e locali. Ma, comunque, un fenomeno significativo di una partecipazione politica che, abbandonando le vecchie appartenenze ideologiche, si dirigeva verso forze politiche alternative.
Forze non del tutto nuove, a dire il vero. Già nei decenni precedenti forze simili si erano presentate alle competizioni elettorali nazionali e locali. Sin dal primissimo dopoguerra, quando la categoria era rappresentata specialmente da partiti di reduci e combattenti e partiti di contadini.
Dei primi abbiamo già parlato (https://bit.ly/3k6DSF2 ). Partiti come il Partito del Reduce Italiano, attivo nel primissimo dopoguerra o come la Concentrazione Nazionale Combattenti Uniti, il Movimento Nazionale di reduci di guerra, il Fronte Unico del Soldato Italiano, Partito Italiano Mutilati Invalidi di Guerra, Movimento Combattenti Italiani, Partito Nazionale Mutilati e Combattenti Italiani. Formazioni che chiedevano il reinserimento dei tanti reduci di guerra, carichi di aspettative per il servizio reso al paese, spesso con problemi fisici e psicologici causati dagli orrori vissuti, alle prese con la forte disoccupazione e in conflitto con le richieste di emancipazione femminile, colpevoli, nella loro ottica, di sottrarre posti di lavoro.
Diverse furono anche le liste a tema esclusivamente agrario, come Partito dei Contadini d’Italia, Movimento Comunità, Partito Indipendente Contadini, Partito Democratico Indipendente Contadini, Contadini Combattenti, Partito Agricoltori.
Nel 1953 c’era stato anche un Movimento Femminile Italiano, candidato alla Camera. Senza contare alcune piccole liste ambientaliste e, soprattutto, la galassia di movimenti autonomisti e regionalisti, che meritano un discorso a parte.
Ma parliamo di forze assolutamente irrilevanti, dai consensi bassissimi, senza alcuna capacità di imporsi sull’opinione pubblica e sugli equilibri politici italiani.
È negli anni ’80 che, con la sempre maggiore disgregazione dei tradizionali portiti politici di massa, con il declino delle loro ideologie, i partiti monotematici si fecero sempre più largo nell’arena politica. Si diversificarono i temi affrontati e il consenso aumentó, se pur facendole rimanere forze assolutamente secondarie.
Questioni come quella dei reduci e quella agraria caddero in declino. La prima, ovviamente, perché dalla guerra erano passati ormai 30 anni. La seconda a causa della trasformazione dell’economia italiana, sempre meno agricola.
Si fecero sempre più largo, invece, temi come la difesa delle pensioni, con partiti che accusavano il sistema politico di non saper rappresentare le istanze dei pensionati. Sin dall’83 nascono liste come il Partito Nazionale Pensionati che, al Senato, a Bitonto, ottenne 265 voti. O come Unione Difesa Pensionati, Unione Pensionati Italiani, Alleanza Popolare Pensionati. O, ancora, come il Partito Pensionati, che, nell’89, raggruppò le liste precedenti.
In ambito ecologista, ma sul fronte opposto rispetto agli ambientalisti, si ponevano liste come il Movimento Nazionale Italiano Cacciatori e “Caccia Pesca Ambiente”. Soggetti che puntavano a difendere il diritto ad una libera caccia e ad una libera pesca.
Altri esempi di liste monotematiche sorte negli anni ’80, poi, sono il Partito Nazionale Inquilini, il Movimento per la Liberazione Fiscale e la Lega Antiproibizionista sulla Droga. Quest’ultima, sorta nell’89 e candidata alle europee di quell’anno, puntava alla legalizzazione della marjuana e della distribuzione controllata dell’eroina. A Bitonto ottenne ben 411 voti, arrivando all’1,52%.
Ad accomunare la gran parte di queste liste, il loro porsi come alternativa ai classici partiti, spesso con una retorica antipolitica che accusava i partiti di massa di incapacità o disinteresse verso quei temi specifici.
Negli anni successivi, la lista dei movimenti o partiti che sceglievano un singolo tema su cui lottare si allungò, sia in termini di sigle che di argomenti affrontati
Dal Partito dell’Amore che, tra il ’91 e il ’94, portò in politica tematiche legate alla sessualità, al Partito Pirata, che, dagli anni 2000, iniziò a battersi per la riforma del diritto d’autore e dei brevetti, la libertà di circolazione della conoscenza, la protezione dei dati personali, maggiore trasparenza e libertà d’espressione, l’educazione libera.
Fino agli anni più recenti, che hanno visti sorgere tanti altri partiti a tema singolo. Così tanti che sarebbe difficile elencarli tutti. Partiti che, talvolta, affrontano stessi temi ma su fronti opposti.
Non parliamo, ovviamente, solo delle elezioni nazionali, ma anche delle locali. Bitonto, ad esempio, vide debuttare, qualche anno fa, un debolissimo e ininfluente Partito delle Donne, mentre le regionali 2020 hanno visto la presenza, nella coalizione di centrosinistra, del Partito Animalista.