Esauriti i partiti che, negli anni ’40, formarono il panorama politico dell’immediato dopoguerra, torniamo in campo monarchico per parlare del Partito Monarchico Popolare di Achille Lauro. Un nome, quest’ultimo, più noto, oggi, in ambito musicale. Ma quello di cui parliamo oggi è colui da cui hanno preso il nome sia il cantante che la nave da crociera divenuta tristemente famosa negli anni ‘80 per l’abbordaggio di un gruppo terrorista: l’omonimo armatore napoletano, personaggio di rilievo negli ambienti affaristici vicini al fascismo e rappresentante del Mezzogiorno monarchico.
Del Pmp abbiamo già accennato, ricordando i monarchici. Non varrebbe la pena parlarne ulteriormente, se non fosse che quello di Lauro è ricordato da alcuni storici come il primo partito personale della storia repubblicana. Per partiti personali intendiamo quei partiti che legano le loro vicende e il loro destino al proprio fondatore. Non avendo una struttura organizzativa solida e si appoggiano spesso, a livello locale, a personaggi non legati ad altre forze politiche, magari grossi portatori di voti, di frequente tali in quanto rappresentanti di interessi economici.
Armatore (fu proprietario della Lauro Line, poi inglobata nella Msc Crociere) e, per due volte, sindaco di Napoli, Achille Lauro, per diversi aspetti, ricorda molto da vicino (anzi la anticipa, considerando i quaranta anni di distanza) la figura di Berlusconi. Al pari del milanese, Lauro fu imprenditore, presidente di una squadra di calcio, il Napoli, editore (suo era il quotidiano partenopeo Roma) e fondatore di un partito strettamente legato a lui. E come il Cavaliere, anche Lauro aveva un soprannome altisonante: il Comandante.
Consigliere nazionale della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, fu arrestato dagli alleati dopo la liberazione di Napoli e internato a Padula, salvo poi essere assolto e liberato due anni dopo. Nel dopoguerra, appoggiandosi al Fronte dell’Uomo Qualunque, entrò nell’arena politica insieme ad altri ex politici fascisti. Successivamente approdò nel Partito Nazionale Monarchico, da cui si staccò nel ’54 fondando, appunto il Partito Monarchico Popolare che, alle elezioni del ’58, le uniche politiche a cui partecipò, ottenne un buon risultato, superando il Pnm.
Candidato al senato per il partito di Lauro era, in quell’occasione l’avvocato bitontino Pietro De Santis, sostenuto in comizio dall’onorevole Giuseppe De Francesco. Non fu eletto prendendo solo 2579 voti.
Riunitosi nel ’59 con il Pnm nel Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica, (divenuto poi semplicemente Partito Democratico Italiano), Il Pmp e Lauro stesso approdarono, infine, nel Msi.
Il Pmp riuscì anche ad attrarre a sé diversi esponenti del Msi, come testimoniò la Gazzetta del Mezzogiorno del 16 maggio ’58, pochi giorni prima del voto.
La politica di Achille Lauro fu caratterizzata da un forte populismo antipolitico, promotore di un ministero di tecnici competenti che potesse corrispondere alle immediate esigenze del Paese, in contrapposizione allo statalismo, al professionismo politico degli incompetenti e al dispotismo di pochi segretari di partito. «Poca politica, poche chiacchiere, molti fatti» uno dei suoi slogan. Il “laurismo” è da alcuni storici interpretato come una sorta di embrione del “berlusconismo”, per lo stile di fare politica basato sul populismo e sulla propaganda attraverso i media.
Ma il populismo laurista anticipò anche il regionalismo della futura Lega Nord, pur se a parti invertite. La sua fu una protesta contro il prevalere del Nord, delle sue industrie e dei suoi partiti di massa, basata sul richiamo alla monarchia popolare e alla capacità gestionale del comandante. Con lui i monarchici vestirono i panni dei campioni del Sud contro gli altri partiti espressione di interessi del Nord, pur non disdegnando, all’occorrenza alleanze con la DC.
Ma spesso, dietro quella propaganda di facciata, nei suoi anni da sindaco, si nascose quella Napoli devastata dalla corruzione e dalla speculazione edilizia, abilmente descritta da Francesco Rosi nel film “Le mani sulla città”.
Di lui si dice, a proposito delle accuse di voto di scambio, che fosse solito regalare una scarpa sinistra prima del voto e una destra dopo.