Se ci
limitassimo ad analizzare il mero risultato politico che queste
consultazioni regionali lasciano in dote alla nostra città, c’è da
essere soddisfatti.
Bitonto, dopo anni di latitanza al Consiglio
regionale, torna ad avere un rappresentante, un figlio, un presidio.
Ed è, tra l’altro, quello che più di tutti aveva le possibilità di
farcela, Domenico Damascelli.
Scavando
però in profondità e analizzando i numeri, le elezioni devono
suonare più di un campanello d’allarme per la città dell’olio, che
da un lato ha voltato le spalle ai suoi candidati (c’è n’erano ben 9
in lizza, un record, ma non propriamente un bene), dall’altro si
conferma serbatoio di voti per concorrenti che con Bitonto hanno poco
a che fare.
Astensionismo
e boom (a metà) grillino. Il
primo dato che emerge è che anche a Bitonto va di moda
l’astensionismo. Domenica è andato a votare meno di 1 elettore su 2
(totale 47,4%), rispecchiando la linea del tacco d’Italia, la Regione
con la più bassa affluenza alle urne.
I
motivi sono quelli di sempre: disaffezione per la cosa pubblica,
indifferenza, stanchezza per le solite baruffe e incomprensibili
beghe politiche.
A
nessuno dei grandi partiti è riuscito l’appello al voto, e il solo
che timidamente sorride è il Movimento 5 stelle, il nuovo fenomeno
cittadino.
In
pochissimo tempo, infatti, i grillini sono diventati il primo
movimento (ben 4.249 i voti racimolati, oltre 1.200 in più del
Partito democratico e 1.400 in più di Forza Italia), frutto di una
buona politica sul territorio fatta di gazebo e campagne informative
e di volantinaggio.
Anche
da via Perrese, comunque, il sorriso è smorzato, perché da un lato
non sono riusciti a piazzare il rappresentante – ottima, comunque, la
performance di Giuseppe Cannito, ma troppi i voti persi a causa
dell’omonimia con Michele Cannito – dall’altro perché
l’astensionismo ha colpito anche loro.
Il
voto, quindi, suona come un’investitura per prepararsi al meglio alle
elezioni comunali in programma tra due anni.
Bitonto
serbatoio di voti… per gli altri. Il
dado è tratto anche questa volta. Esattamente come 5 anni fa, anche
se la situazione è decisamente diversa.
Bitonto
volta le spalle ai suoi rappresentanti.
Nel
2010 c’era da scegliere tra Nicola Pice a sinistra (4734 voti
cittadini raccolti) e Domenico Damascelli (3162) a destra. Nessuno di
loro è entrato a via Capruzzi. Domenica l’esercito era decisamente
più corposo (2 candidati per il centrosinistra, 7 per il
centrodestra), la dispersione del voto era più semplice, ma il
fenomeno è rimasto immutato. Spalle voltate ai bitontini (Daucelli
1932 voti, Damascelli 1903, Cannito 1405, Morea
86, Di Carlo 0, Izzo 43, Palmieri 977, Rubini 17, Presicce 59), e
voti – tanti – dati agli “altri”, come dimostrano i 535 voti
per Giovanni Giannini, 393 per Marco Lacarra – il più suffragato a
livello regionale, con oltre 14mila preferenze -, 806 per Mario
Loizzo (c’è da ricordare, però, che il Partito democratico non
portava candidati nostrani, così come il Partito socialista), 207
per Aldo Patruno, 376 per Antonio Nunziante, 736 voti per Pisicchio,
234 per Gianni Filomeno, 433 per Giovanni Stea, 382 per Guglielmo
Minervini, e così via.
Servono
altre cifre? Il fenomeno, purtroppo, sembra essere patologico: ai
bitontini (anche ai singoli partiti, evidentemente) i loro candidati
non piacciono proprio.
Non
sorprende, allora, che Damascelli abbia dovuto accaparrarsi i voti
esterni per poter centrare il colpo, cosa che non è riuscita agli
altri competitors.
Ecco,
allora, l’altra faccia della medaglia: i bitontini, oltre i confini
cittadini, sono evanescenti. Perché non prendiamo appunti su questo?
Bitonto
“dimenticata”. Non
è tutto, perché Bitonto in questa tornata elettorale è stata
dimenticata anche dai 7 aspiranti governatori. Si sono affacciati
soltanto Schittulli e Laricchia (impalpabile presenza di qualche
minuto dalle 23.30 in poi giovedì prima del voto). Emiliano? Ci ha
fatto visita due volte solo prima delle primarie di novembre.
Meditiamo
gente, meditiamo.
Riflessione
in casa Pd e Forza Italia. Devono
riflettere anche il Partito democratico e Forza Italia. Su come
riportare gli elettori alle urne e quali programmi politici mettere
in campo per tornare a essere nuovamente credibili.
Forza
Italia, inoltre, dovrebbe iniziare a pensare anche a una nuova e
giovane classe dirigente che possa aiutare e, quando sarà
necessario, andare oltre l’ex vicesindaco.
Il futuro è oggi. Urge muoversi.