Proseguono gli incontri del Partito Democratico per la Festa dell’Unità 2014. Dopo l’appuntamento con Guglielmo Minervini, ieri è toccato a Michele Emiliano, ex sindaco di Bari e candidato alle primarie del centrosinistra per le regionali 2015. Ad intervistarlo i giornalisti Mauro De Nigris (PuntoTv) e Anna Maria Tempesta (da Bitonto).
Ad introdurre la discussione, il ricordo, da parte di Emiliano, dell’esordio della sua carriera da avvocato, con la figura di Rosario Livatino, giudice siciliano assassinato dalla mafia nel 1990 e prossimo alla beatificazione.
“A Bari, nonostante abbia arrestato almeno un centinaio di persone, mi hanno eletto addirittura sindaco” continua ironicamente il presidente regionale del Pd, che sulla propria candidatura alle primarie rivela: “Avevo pensato di ritirarmi e tornare a fare il giudice, ma a convincermi a continuare sono stati Renzi e tanti sindaci ed esponenti di partito pugliesi, come Rossiello, Procacci, Lonardelli. Gente che ha esperienza tale da capire se per me sia giunta o meno l’ora di ritirarmi”.
E ricordando le figure di Berlinguer e Moro, continua: “Erano persone che avevano capito che bisognava innovare. Non erano perfetti. Commisero errori anche loro. Ma avevano affetto e stima nella gente, perché dicevano la verità”.
Non manca, da parte di Emiliano, il momento delle critiche alla sinistra in generale, a chi “ha raccontato di essere erede delle grandi tradizioni della sinistra”, e, infine, al Pd stesso: “Ho patito molto al suo interno. Non è facile tenere insieme tante teste. Ma nel nostro partito la diversità è un valore. A dimostrazione di ciò ho anche pregato un mio compagno di partito a candidarsi alle primarie”.
Il riferimento è a Guglielmo Minervini che, per Emiliano, ha il grande merito di aver erogato, a sostegno dei giovani, tantissimi fondi: “Ma non voglio essere preso in giro, né da lui né da Dario Stefano. Chiedo rispetto. Non è corretto inventarsi la storia dell’uomo solo al comando”.
“La politica deve essere semplice, autentica, in grado di distinguere il bene dal male – sottolinea – Ritengo di essere un uomo semplice. Non mi faccio tante seghe mentali tipiche della sinistra. Non ho paura di difendere, per esempio, i Marò o la divisa in generale”.
“Può capitare di commettere errori. Anche a me è capitato di arrestare persone innocenti, ed è una brutta esperienza” ammette, ricordando il recente fatto di cronaca in cui un carabiniere, nel napoletano, avrebbe erroneamente esploso un colpo di pistola uccidendo un ragazzo.
Non mancano neanche attacchi a Nichi Vendola, che recentemente ha definito quella del Pd come “Puglia peggiore”.
“Ho fatto finta di non sentire – riferisce l’ex sindaco – Non ho interesse a litigare con Vendola. E’ una delle persone migliori che conosca. Dove c’è da sostenerlo, lo faccio. Per lui una volta ero il migliore candidato possibile, finchè non ha capito che bisognava andare contro il Pd. Vendola in passato ha vinto grazie ai voti del mio partito. Ho partecipato di persona a colloqui con la Poli Bortone, per convincerla a non allearsi con il Pdl, spaccando il centrodestra e facendo vincere il centrosinistra. L’abbiamo sostenuto anche quando, dopo aver perso un congresso, ha creato un partito alternativo al Pd”.
Nella lunga discussione con l’ex magistrato barese c’è anche lo spazio per le tematiche più strettamente connesse a Bitonto e alla situazione del centrosinistra locale: “Stimo molto Abbaticchio e sostengo l’idea che bisogna dialogare con le liste civiche. Ma deve anche lasciarci qualche spazio. Il Pd può fare un gran bene alla città. Non vorrei che la difficoltà dei rapporti tra le forze politiche spinga molti a non impegnarsi all’appuntamento delle regionali”.
“Io non potrò che sostenere la lista del mio partito” annuncia, spiegando la sua idea di presidente della Regione: “Serve un sindaco di Puglia, che non sono io, ma un soggetto collettivo, perché non funziona più quel modello in cui a governare è un solo soggetto a cui delegare tutto. Occorre sussidiarietà, un approccio sistemico che parta dal basso. Un sindaco di Puglia che non lavori più al chiuso, specialmente con la scomparsa delle province e l’assunzione di alcune delle sue competenze. Dovrà avere un ufficio in ogni Provincia, per affrontare tutti i problemi della Regione, che sono tanti, come ad esempio l’Ilva”.
L’ultimo pensiero, da parte di Emiliano, va all’importanza della comunicazione, perché “oltre a sapere cosa fare, un politico deve saperlo anche comunicare ai cittadini”.