Ha preso il
via lo scorso 11 giugno lo Shangai
International Film Festival 2016 e ancora una volta il pubblico cinese ha
prestato grande attenzione per le nostre produzioni.
La
selezione si è caratterizzata per una spiccata varietà delle scelte dei titoli
italiani: un film in Concorso, uno
della speciale sezione Highlights – “Fuocoammare” di Gianfranco Rosi -, due nella sezione Spectrum – “Sangue
del mio sangue” di Marco Bellocchioe “L’attesa” di Piero Messina – e ben cinque titoli nello speciale Focus Italy – aperto dal regista Enrico Pau che ha presentato in
anteprima mondiale “L’accabadora” e
seguito da “Lo chiamavano Jeeg Robot” di Gabriele
Mainetti, “Alaska” di Claudio
Cupellini, “Se Dio vuole” di Edoardo
Falcone e “La prima luce” di Vincenzo
Marra -, vetrina che ogni anno il SIFF dedica al cinema italiano contemporaneo.
Dopo ben
cinque anni, però, l’Italia è tornata ad essere in competizione anche per il Golden Goblet Award con “See
you in Texas”, opera prima del regista bitontino Vito Palmieri.
Inoltre, in
occasione del quarantesimo anniversario dalla sua scomparsa il SIFF ha
omaggiato uno dei più grandi maestri del nostro cinema con una Retrospettiva Luchino Visconti.
La giuria, composta
dal regista Daniele Lucchetti, Emir Kusturica, presidente di giuria,
il regista canadese Atom Egoyan e Yan Geling, autrice di punta della
letteratura cinese contemporanea, ha assegnato al nostro Vito Palmieri il Gran
Premio della giuria.
Il film,
prodotto da Ascendent Film e Rai Cinema, è stato proiettato in
anteprima mondiale a Bologna al festival “Biografilm”.
“See you in Texas” è la storia di Silvia e Andrea, una
coppia di ventenni di Roncone, paesino della Valle del Chiese in Trentino. La
loro vita è diversa da quella dei coetanei, pur amando i locali e i social
network.
I due gestiscono, infatti, una fattoria, si occupano di
cavalli e suini e hanno scelto di dedicarsi completamente a una vita all’aria
aperta. Ma mentre Andrea è più legato a quel luogo, Silvia che ha la passione
per la disciplina equestre del reining sogna di andare in Texas, la patria
della monta western.
Proprio quando si presenterà per la giovane l’occasione
di allenarsi in un ranch in America, sarà difficile per lei scegliere tra il
restare e il partire.
«La
voglia di raccontare la storia di questo film è nata quando il direttore della
fotografia con cui lavoro ormai da molti anni, Michele D’Attanasio (lo stesso di successi cinematografici
come “Veloce come il vento” e “Lo chiamavano Jeeg Robot”, ndr), mi ha consigliato di conoscere questa coppia di giovani che aveva
incontrato durante le riprese di un altro film – spiega Vito – Mi ha incuriosito la possibilità di
raccontare la vita di questi ragazzi così attaccati alla loro terra e ho deciso
di andarli a trovare. Grazie poi a Ascent Film e Rai Cinema è stato possibile
realizzare questo lavoro che è al limite tra il documentario e la finzione.
Abbiamo, infatti, voluto dare una struttura narrativa più vicina al linguaggio
cinematografico, che documentaristico».