Immigrato, migrante, straniero. Una parola che negli ultimi tempi, in fette sempre maggiori dell’opinione pubblica, va assumendo sempre più connotati negativi. Vuoi per una retorica violenta utilizzata dalla politica al fine di ottenere consensi, vuoi per le esagerazioni dei media per aumentare spettatori, lettori e visualizzazioni, vuoi per una paura del diverso che, per certi versi, è insita nella natura umana. Ma chi è il migrante, l’immigrato, lo straniero? È così tanto diverso da noi? O è anche lui una persona con sogni e desideri, come ad esempio la voglia di conoscere le proprie radici?
È questo il senso di “Oltre i Confini”, la festa dei popoli che si è tenuta in questi giorni. Ha collaborato alla realizzazione della seconda edizione dell’evento anche l’associazione culturale Just Imagine, proiettando i cortometraggi “Shoes” e “Beles – La stagione dei fichi d’india”.
“Shoes” narra la storia di due immigrati, ospitati dal Cara di Bari, il somalo Abdulle Nagayee e l’eritreo Mussiè Hitsa, eritreo, che, grazie all’aiuto di due poliziotti baresi, Francesco Leone e Francesco Martino, che comprarono loro scarpe e abbigliamento sportivo, hanno coronato il sogno di diventare atleti e di correre per partecipare alle più importanti gare di atletica regionali. Abdulle, nel 2011 fu persino ad indossare i colori del suo paese ai mondiali di atletica leggera in Corea del Sud, arrivando sino alla semifinale dei 5.000 metri.
La storia dei due fu scelta da Domingo Bombini per il suo “Shoes”, frutto di un progetto per la legalità, che ha visto coinvolti gli studenti della scuola Dante Alighieri di Casamassima, durante il corso tenuto dalla giornalista Michela Ventrella, assieme ai cartoonist Domingo Bombini e Leonardo Gregorio. Le sequenze del film, infatti, sono state realizzate tutte dai disegni dei ragazzi.
«Abbiamo raccontato ai ragazzi due storie, la prima è stata quella di Mussiè e Abdulle, la seconda riguardava alcuni poliziotti che, sempre nel Cara di Bari, hanno picchiato gli immigrati. Abbiamo chiesto quale delle due fosse vera e in massa hanno indicato la seconda, sbagliando. Nell’immaginario dei ragazzi era più facile pensare che ad essere accaduto realmente fosse il pestaggio» ha raccontato Bombini, invitato da Just Imagine per presentare il suo corto, e intervistato da Viviana Minervini e Domenico Saracino, membri di “Just Image”.
Ospiti della serata anche Lucrezia Indolfi, presidente dell’associazione “Inuit” e Massimo Ruggiero, regista, autori di “Beles – La stagione dei fichi d’india”. L’opera narra le esperienze di tre ragazzi, tre beles, termine eritreo che significa “fico d’india” con cui vengono etichettati nel paese africano i connazionali che vivono in Italia. Tre ragazzi nati, cresciuti e integrati a Bari, da genitori eritrei, accomunati dalla voglia di conoscere le proprie radici, la propria identità. Non certo per rinnegare il legame con l’Italia, ma per soddisfare un desiderio insito nella natura umana, comune a tutte le persone, a qualsiasi latitudine.
«Il mio sogno è tornare a vivere qui a Bari, dove ho la famiglia, gli amici. Ma voglio anche conoscere la mia identità» spiega nel corto Marco, uno dei tre ragazzi, cresciuto ed istruitosi nel capoluogo pugliese, e partito poco dopo la realizzazione di Beles per l’Eritrea.
«A Bari c’è una grande comunità di eritrei, con ragazzi nati qui. L’arte può aiutare tutti coloro che, al di là del legame verso il paese di accoglienza, vogliono riscoprire quello con il luogo di provenienza della propria famiglia. L’arte può fornire gli strumenti per riappropriarsi di una identità» sottolineano i due ospiti.