È
dalla natura che l’uomo trae la sua linfa vitale.
È
lì che trova le proprie radici, riscopre la propria interiorità.
Le
radici dell’artista Angela Rapio, però, sono alquanto singolari: un cono, assunto come sintesi di uno
spicchio di terra che vuole richiamare l’idea del mondo.
«Deve essere un
vero ritorno alle origini – commenta l’artista -, riflessione sulla società attuale, ormai così lontana da tutto ciò
che ci lega alla campagna, alla vita della terra e da tutto ciò che le è connesso».
Spiccano
i coni all’interno del Museo Botanicodi Siena, dove è stata allestita la
mostra per la Settimana della
biodiversità, e riflettono gli alberi che sembrano avere prolungamento
naturale in un “io” inconscio che, specchiandosi, ritrova anche sé stesso.
Angela
lavora ai coni dall’inizio del 2013 e rappresentano la summa di esperienze
precedenti: si passa da una fase di bidimensionalità, che espone sul finire del
2009 e i primi del 2010, alle lastre incise ad acquaforte ed acquatinta, per
terminare ad una tridimensionalità animata dal segno.
Pittura,
scultura, segnando un passaggio naturale necessario: dai cerchi ai coni in una
maturazione prima di tutto artistica, da un io tondo ad uno più maturo e,
quindi, solido.
Anche i
materiali usati dall’artista per queste ultime composizioni sono gli stessi di
sempre, dal gesso, materia con la
quale costruisce il solido, ai pastelli,
dall’inchiostro di China alla carta illustrata, quella per
imballaggio che, insieme, vanno a comporre una superficie sempre monòcroma, sul
quale trova spazio un intimo racconto fatto di segni, di scritture.
Nulla è
lasciato al caso: l’intento è quello di seguire il respiro dell’anima,
tracciare, cioè, un’evoluzione della propria esperienza umana.
E si sa che
quello che più caratterizza il nostro essere è la dimensione di vuoto.
Ecco che ha
senso l’elemento “specchio”, inserito per creare immagine virtuale in una
dimensione plastica.
Un continuo
binomio di dentro e fuori, superficie e profondità, natura ed esistenza, quali
coppie del nostro essere.
L’immagine – corpo
del cono ci rimanda, inoltre, a quella delle prime forme abitative della
cultura pugliese: il trullo, visto come unità abitativa e, al tempo stesso,
delle architetture ipogee.
“Radice” assume così un ulteriore
valore, quello di “gesto originario” che
si fa ora solida forma d’affezione alla propria terra, ora gesto personale,
intimo e solidale respiro con l’esistenza.
«Le mie
radici sono uno spicchio
di mondo che forgia per estraniarsi dalla realtà attuale – conclude Angela -: ricorre a trame, orditi di foglie, radici di ulivo che configurano
l’aspetto decorativo di queste opere, senza, però, rinunciare all’essenzialità
della forma e del colore, insistendo con il bianco e il nero, muovendo così su
contrasti polari».
La mostra, patrocinata dal Dipartimento di Scienze storiche e dei beni
culturali e dal Dipartimento di Scienza della Vita, è la prima di un ciclo di
iniziative promosso dalla cattedra di Storia dell’arte contemporanea e dal
Museo Botanico e coordinato dai proff. Massimo
Bignardi e Massimo Nepi resterà
visibile fino al 13 giugno prossimo.