Da
un lato c’è la parte descrittiva, che racconta cosa è stata la
prima guerra mondiale (la “Grande guerra” non è si è trattata di poca roba,
con i suoi 8 milioni di morti, di cui più di 1 milione soltanto
italiani), i suoi errori e orrori, il calendario dei massacri – in
Europa il conflitto era quasi inevitabile viste le tensioni presenti
già a inizio ‘900 -, la vita difficile e infernale dei soldati,
l’uso dei gas, le 4 miliardi di lettere scritte dal fronte. Le pagine
di diario. E le tante poesie scritte da illustri poeti.
Dall’altro
lato c’è la memoria fotografica e storica dei monumenti che a Bari e
area metropolitana (non si può ammirare soltanto a Bitonto, ma c’era
eccome commissionato a Cifariello, Mola e Conversano), hanno
innalzato in memoria dei Caduti.
I
caduti, appunto. I moltissimi lutti sono percepiti in maniera
diversa. Il dolore da privato diventa pubblico e come tale non può
dissolversi nella classica damnatio
memoriae.
Di conseguenza, allora, i cimiteri iniziano a mutare e i camposanti
militari diventano templi del culto nazionale.
Eccolo,
allora “I
caduti della Grande guerra. Dalle fosse comuni ai monumenti”, l’ultimo
libro del giornalista e scrittore Raffaele Pirro e del fotografo Licio Boccadoro,
presentato l’altra sera alla Galleria nazionale Devanna.
«Guardando
il titolo – ha
relazionato Stefano Milillo – ho
pensato alla solita storia di celebrazione del conflitto. In realtà,
però, mi sono subito accorto che così non è guardando il
sottotitolo. Il libro mette in risalto aspetti scioccanti e poco
conosciuti, e ci fa capire come la guerra poteva essere davvero
evitata ma all’Italia avrebbe portato grandi vantaggi. I monumenti,
poi, sono un segnale forte per chi vive nella indifferenza».
Sulla
stessa linea anche Marino Pagano, moderatore dell’incontro, e il
vicesindaco Rosa Calò, che ha elogiato e promesso supporto al
comitato
cittadino spontaneo formato da singoli cittadini e associazioni,
formatosi per evitare che Bitonto dimentichi la grande guerra e i
suoi 400 morti.
«E’
una idea nata sui social – ha
riferito Aldo Naglieri, autore del logo “Bitonto onora i suoi
caduti” ammirabile alle spalle dei relatori – poi
ci siamo incontrati e abbiamo deciso di mettere le nostre idee e
passioni insieme. Questo centenario a Bitonto non deve passare
inosservato».
E
loro, i membri del comitato, hanno davvero tanta voglia di fare bene.
«E’
fondamentale – è
stato il pensiero di Pirro – recuperare
lo spirito del rispetto, della memoria e della voglia di
testimoniare. Durante il viaggio alla ricerca dei monumenti, ci siamo
resi conto che molti non sapevano neanche dove fossero ubicati. I
giovani? Sanno purtroppo poco di questo conflitto anche per colpa
della scuola e della poca curiosità che hanno».
Sanno
poco che i meridionali hanno pagato un prezzo altissimo. Che la maggior parte dei soldati mandati in
guerra, molto spesso senza un perché, era originaria del Sud.
Ignorano che non è stata una cosa lampo e rapida, ma un calvario
durato 3 anni, con la disfatta di Caporetto – e la successiva
cacciata di Cadorna al posto di Armando Diaz – a fare da
spartiacque.
C’è
chi, poi, come Nuccia Barbone Pugliese, direttore della Galleria
nazionale, ha già capito perché ricordare i caduti di guerra sia
attuale.
«Quelle
vittime di guerra – ha
scandito – sono
troppo simili a tutti quei migranti che ogni giorno scappano dai loro
Paesi in cerca di fortuna e migliorie, e invece sono corpi che
trovano la morte in mare».