Il racconto del tempo e delle stagioni,
la vertigine del viaggio, la ricerca di un’identità, le lacerazioni del
passaggio verso l’età adulta, i chiaroscuri della casa, la monumentalità di
Roma, città d’elezione, e le suggestioni della Puglia, terra d’origine e
riferimento imprescindibile a cui incessantemente tornare.
È un’opera prima intensa e maliosa il debutto
poetico di Francesco Paolo Del Re. Il volume, intitolato “Il tempo del raccolto” e pubblicato da SECOP Edizioni nella collana I girasoli, abbraccia una
selezione delle liriche composte dal poeta negli ultimi quattro anni.
Il volume è stato presentato in anteprima nazionale domenica scorso presso lo Stand della Regione Puglia del Salone
Internazionale del Libro di Torino.
Bitontino di nascita e trapiantato a
Roma, Francesco Paolo Del Re conserva nei suoi versi l’austera fierezza degli
ulivi e delle cattedrali romaniche della terra di Bari, facendola incontrare
con gli echi dei passi che, nel corso dei millenni, hanno calcato le strade
della Città Eterna. I settantuno testi che compongono la raccolta sono
organizzati in
quattro sezioni dedicate alle quattro stagioni, a partire dall’autunno per
finire con l’estate, con due piccole appendici a fare da sipario, in apertura e
in chiusura, e un saluto finale al lettore. Ciascuna stagione viene raccontata
affiancando scritti di anni diversi e inventando, in questa somma, la dimensione
esistenziale di una stagione al di sopra dei calendari.
Il libro è accompagnato da una prefazione
di Stefano Coletta, Vice Direttore di Rai Tre, e arricchito da una postfazione
di Angela De Leo, poetessa e scrittrice. In copertina, un’opera del pittore spagnolo
Gonzalo Orquìn, Cesto con mollette.
“Le
stagioni dell’anno – scrive Stefano Coletta nella sua Prefazione – restano un
pretesto per fissare sensazioni, percezioni, ossimori significanti e spietati.
Un’eco montaliana aleggia sullo spartito compositivo di Francesco, restituendo
al lettore una scansione tragica del giorno e della notte, della luce e del
buio, dell’habitat metropolitano contrapposto a quello marino… Un percorso
reclamante nitore, trasparenza, dove non hanno significato il dato anagrafico,
storico e culturale ma a prevalere è il coraggio di guardarsi dentro e a
mettersi in gioco, attraverso un ‘fuori’ da sé, valido per ogni creatura”.
“Fondamentale la parola per il poeta:
conoscerla, penetrarla per scavare l’intimo humus che la rende piena di senso e
significato, colma di tutte le cose del mondo e di ciascuna in maniera
particolare. La parola, unica cosa vera in tutto il possibile disordine. Perché
tutto si faccia ordine e comprensione nella sua nominazione”, nota Angela Del
Leo a conclusione del volume.
“Nelle poesie di Francesco Paolo Del Re –
aggiunge la De Leo – c’è sempre, alla fine, un movimento ascensionale, uno
sguardo verso l’infinito: azzurra finestra della sua anima assetata di sogno e
di luce, pur rimanendo ancorata alla quotidianità delle certezze quotidiane,
dei gesti e degli oggetti cari, ritrovati ad ogni nuova alba, degli incontri
consueti e immediati del giorno, che vince ogni indugio per farsi tramonto o
sera. L’infinito, ansia di tutte le sue ambizioni; promessa mai mantenuta;
sogno irrealizzato e forse irrealizzabile. Perciò così tanto desiderato”.