Il professor Antonio Moschetta ha presentato nei giorni scorsi, nel teatro Traetta, il suo ultimo libro dal titolo “Ci vuole fegato”. Alla sua terza pubblicazione autonoma dopo “Il mio metabolismo” e “L’intestino in testa”, il professore si è occupato, questa volta, del fegato, l’organo che, nel nostro corpo, gioca un ruolo fondamentale per i processi di metabolismo.
Un organo di cui già in tempi antichi c’era la consapevolezza dell’importanza, come analizza il ricercatore, che, nell’opera, parla anche dei problemi più comuni che lo affliggono, dall’accumulo di grassi all’abuso di farmaci e di alcool e alla drancoressia: «Il fegato è il genitore del nostro corpo. È lì in attesa di ricevere messaggi. Sa come smistare i pacchetti nutrizionali all’interno del nostro organismo. Decide a chi dare di più e a chi dare di meno e soprattutto, come i bravi genitori, è lì a stemperare i nostri errori nutrizionali o quelli legati all’uso di farmaci e alcool. È un organo veramente speciale. Ce lo dice anche la scienza, che ha scoperto che lo stato di salute del fegato è in grado di predire quello che sarà il nostro futuro. Un po’ some succedeva, nell’antichità, con gli aruspici, quando prendevano il fegato e cercavano di predire il futuro di tutti noi».
Moschetta, rispondendo alle domande del giornalista Mario Sicolo, spiega, dunque, quelli che sono, spesso, i comportamenti sbagliati messi in atto, talvolta anche dai più giovani, come l’assunzione di alcool senza prima mangiare, allo scopo di non prendere peso. Assumendo, così, tuttavia, tutte le tossine dell’alcool.
«Io ho voluto scrivere questo libro per far capire che si può tornare indietro dal danno dell’alcool, del grasso, dell’epatite. Non è solo prevenzione, ma anche voler dare speranza di guarigione» sottolinea, aggiungendo un auspicio dedicato ai ragazzi: «Spero che tanti giovani possano appassionarsi alla medicina e alla biologia, per poter donare le loro menti alla crescita. E per questo devono essere affamati di cultura. Ci vuole davvero fegato, oggi, ad essere appassionati di cultura».