Non siamo mai
soddisfatti e viviamo questo nostro presente, pensando o troppo al passato con
nostalgica affezione o troppo al futuro, dimenticando quel che c’accade sotto
gli occhi.
A
volte la soluzione è dietro l’angolo.
Basterebbe
solo accendere la lanterna del nostro cuore per scoprire tutte le meraviglie
celate nello scrigno del nostro essere e illuminare il mondo di quel che
portiamo dentro.
Esperienze, fardelli dolorosi, immense gioie: è da lì che bisognerebbe partire.
Ce lo insegna bene la storia di “Bambù e la felicità” dellaFattoria degli Artisti e Gruppo Y.A.F.E. di e con Gianbattista Rossi, con la regia di Elisabetta Tonon, che ieri ha aperto la
stagione teatrale dedicata alle famiglie bitontine “Domenica a teatro”.
Un bimbo, così magro, che tutti chiamavano Bambù. Un bimbo, sì, ma
ognuno di noi.
Il racconto comincia in
un luogo meraviglioso, un luogo che si trova ovunque, grandissimo, che accoglie
tutti coloro che ci vogliono andare. Si chiama felicità.
S’avvicendano folletti, fate, vecchi saggi, regine e fattucchiere,
la loro esperienza con la felicità.
Piccole
gemme dorate che puntellano il cammino del protagonista che uscirà dal bosco
cresciuto, forse più saggio, con una marcia in più: quella del sorriso che
supera le calde e malinconiche lacrime per le avversità che la vita ogni giorno
ci pone dinanzi.
I grandi riflettono sulle proprie grotte buie, quando la paura
delle tenebre copre la bellezza della luce: la stessa luce che ci consente di
vedere quello che ci è attorno.
Nessun desiderio d’eternità o magnificenza: soltanto una grande voglia di accontentarsi di quello che
si ha, senza pensare troppo a ciò che si desidera.
I bimbi sognano. Sognano persino una scenografia, scenari; sognano
personaggi e movimenti, dai suoni della chitarra di Giuseppe JimiRay
Piazzolla,grazie all’abilità
di Gianbattista Rossi che riscopre l’arte della pantomima tra racconto e
poesia.
Foto di Federica Signorile