Da
un lato c’è Giuseppe Avezzana, battagliero di carattere, ed emblema
della tipologia tipica del nostro Risorgimento, come dimostra la
partecipazione a soli 15 anni ai moti di indipendenza in Piemonte nel
1821. Ha preso parte poi ai moti di Genova, alla spedizione dei Mille
e alla battaglia del Volturno.
Dall’altro
c’è Giandomenico Romano, ministro di Grazia e Giustizia durante il
periodo in cui Giuseppe Garibaldi ha esercitato la dittatura nell’ex
Regno di Napoli in nome del Re d’Italia.
Protagonista,
inoltre, delle battaglie di Curtatone e Montanara, e si è schierato
proprio con Avezzana nella difesa della Repubblica romana.
Due
uomini dalle storie parallele, insomma.
Di
Torino uno, di Castelnuovo della Daunia l’altro.
Non
soltanto due personaggi legati tra loro (suocero e genero), ma due
testimoni della nostra storia, di una delle pagine più controverse
del Belpaese.
Due
nomi, però, adesso quasi dimenticati (chi si ricorda, per esempio,
che Avezzana è citato nella poesia “Marzo 1821” di
Alessandro Manzoni? Nelle “Noterelle da Quarto al Volturno” di
Cesare Abba?), e spesso neanche menzionati nei manuali di storia che
si insegnano a scuola.
Due
eroi in penombra, appunto.
Come
il titolo dell’ultimo libro di Giandomenico Romano jr, che cerca di
riabilitare Avezzano e Romano – si capisce la parentela, ovviamente
– e dare loro lo spazio che meritano.
Senza
sostituirsi agli storici sia chiaro, ma con un lavoro certosino,
metodico e attento. E dagli obiettivi abbastanza chiari.
«Il
mio intento – spiega
l’autore – è quello
di far conoscere ai contemporanei questi due personaggi storici
rimasti inspiegabilmente in penombra, nonostante abbiano contribuito
a cambiare la storia dell’Italia in maniera decisiva, a fianco di
noti eroi».
Il
manuale – presentato qualche giorno fa nella chiesa di san Giorgio
Martire da Nicola Pice, Stefano Milillo e Marino Pagano – è
supportato da originali immagini e da documenti di rilevanza storica,
e apre nuovi scenari su quelle che sono state realmente le vicende
del Risorgimento nostrano.
«L’autore
– evidenzia l’ex sindaco – vuole trasferire i due
personaggi dalla penombra in cui la smemoria li ha parcheggiati, al
pieno sole dell’attenzione. Tutto con una scrittura agile ed
equilibrata, rispettosa del senso della storia seppur volutamente
frammentata come se fossimo dinanzi a flash istantanei».