Quella dell’amianto è, senza dubbio, una delle pagine più tristi della storia dell’industralizzazione italiana. Salutato con giubilo, da nord a sud, in quanto portatrici di lavoro, il mito dell’amianto, in grado di preservare tutto grazie alle sue caratteristiche indistruttibili, ha pervaso mezzo secolo il sogno industrialista dell’Italia che risorgeva dalle ceneri della seconda guerra mondiale. Ma tutto questo si è alla fine rivelato una trappola mortale. Le fabbriche di amianto hanno ben presto mostrato il loro amaro conto in termini di vite umane.
Della delicata questione ne ha parlato il giornalista e scrittore Giuseppe Armenise, nel libro “Pane e amianto. Girotondo di una città sopra un milione di vite”.
Protagonista dell’opera è un ragazzo di Bari, studente universitario, che scopre la pericolosità della Fibronit, quella fabbrica di amianto abbandonata, nel bel mezzo di case abitate. Dalla denuncia nascerà un lungo percorso di riscatto civile, ma soprattutto di ricerca personale che attraverserà tutti i luoghi, in Italia,interessanti dal minerale tossico.
«L’aspetto positivo della vicenda è che i rischi per la salute hanno portato la gente a scendere in piazza, come accadeva nelle rivendicazioni degli anni ’60 e ’70. Alla fine si è riusciti a portare le istituzioni dalla propria parte. Venti anni fa, si negava l’esistenza di un problema. Bisogna monitorare l’emergenza sanitaria» ricorda Armenise, rispondendo alle domande del collega Livio Costarella.
Presente all’incontro Loredana Modugno, che tramite l’uso di slide sulle discariche a cielo aperto per le strade rurali bitontine e mettendo in evidenza le iniziative per ripulire la Lama Balice.
Tra i relatori anche Alessandra Lanzillotti, regista dello spettacolo teatrale “Altrove”, liberamente ispirato al romanzo di Armenise. Spettacolo in programma oggi al Teatro Traetta.