Esperanto, una lingua composta da idiomi di
tutto il mondo.
Un mosaico musicale per far rivivere l’anima del mondo.
«Sono
sempre stata affascinata dall’anima musicale del mondo ed ogni volta che ho
viaggiato ho rubato non solo i ricordi, i colori, i profumi, ma
soprattutto ho strappato un lembo delle radici musicali, un frammento di
emozioni del posto che lasciavo – ha raccontato la
cantante Tosca – . Ho rimesso insieme tutti questi
frammenti ed è nato “Esperanto”.
Amo viaggiare con la voce. È un percorso artistico
partito con la musica brasiliana da ragazza, è continuato e maturato anche con
l’esperienza in Vaticano».
Nell’incantato giardino pensile da poco riscoperto, in città s’è
levato così un racconto in musica che ci ha fatto attraversare le nazioni, le
lingue attraverso il sinuoso movimento vocale della cantante romana.
Sul palco, nell’avventura musicale, tre grandi
maestri polistrumentisti, Giovanna Famulari al
pianoforte e al violoncello, Ermanno Dodaro al contrabbasso e Massimo De Lorenzi alle
chitarre.
«Questo posto è davvero magico –
continua, quasi immersa in un onirico sogno, la cantante -. Sembra di vedere Gerusalemme, di stare in una città sospesa. Spero di
poter realizzare tante cose belle ed interessanti con l’aiuto di questa
Amministrazione tanto attenta all’apparato artistico e alla sua rivalutazione»
Giunge poi dal palco, a fine spettacolo, un appello da
parte della Donati: «Mi schiero con il comune di Bitonto per la battaglia
contro la discarica di materiali ferrosi in località Colaianni nell’agro
bitontino. Non può un paesaggio così meraviglioso concedersi ad un tale scempio».
Si è dimostrata poi soddisfatta di aver visto l’impegno
nel sociale della ditta Power Sound.
Progetti per il futuro?
«Un viaggio musicale in Italia. Vorrei riscoprire i
dialetti italiani, lavorare e studiare come sempre. Perché in un momento di
sbandamento etico e sociale, l’unica ancora di salvezza siano proprio le
nostre stesse radici. Così, quando mi sento persa, e non vedo via
d’uscita , sprofondo negli abissi delle “ tradizioni” e mi sento al sicuro, e
appartenente a qualcosa di più grande e inspiegabilmente sorrido!».